Se apprezzate e volete offrirmi una birra o una pizza, vi ringrazio immensamente:

sabato 28 dicembre 2013

318 - vivere e scrivere

Scrivi ciò che vivi
ma se scrivi non vivi
se vivi non scrivi
comunque
vivrai davanti ai bivi.



venerdì 27 dicembre 2013

317 - Vagando

Cammino
accompagnato dal sole che si spegne,
intanto il mare
cercando di invadere la spiaggia
versa il tramonto
in onde metallizzate rosa e azzurre,
e i vecchi tronchi di alberi morti
mi segnano il tempo umano.
Se non c'è nessuno
oltre me stesso
mi trovo
bene.

foto andreasfinottis

giovedì 26 dicembre 2013

316 - Prede natalizie

Ieri pomeriggio era il giorno di Natale, sentivo sbattere delle ali tra la siepe, vado a vedere a c'era una tortora col collo mezzo staccato che agonizzava tra piume svolazzanti e sangue.
Per fare una cosa giusta avrei dovuto prendere il falcetto e mozzarle la testa così finiva di soffrire, ma essendo un inguaribile ottimista l'ho messa oltre la siepe sperando che le passi il malessere.
Quando sono tornato alla sera ho guardato ed era morta stecchita
Capita spesso, perché il gatto prende le prede e le dà al cane che le morde al collo agitandole con violenza, sono un'associazione a delinquere che ammazza tutte le lucertole e gli uccellini che capitano a tiro.
Non è un giorno di pace e serenità per tutti il Natale.

domenica 15 dicembre 2013

315 - Devi amare la democrazia

Suca la bomba!
Amami.
Armami.
Bombardami.
Combattimi.
Quarantottomila elicotteri
rombano nella notte
rubandone il nero
per sbianchettare i confini
per banchettare con i panorami
tirano le righe
usano le fighe
creano le dighe
con mitragliate di parole di regime
i missili partono lasciando solo colorate traiettorie
sono missili nostri, missili buoni
in divertenti videogiochi
per le cene davanti ai telegiornali
con i prodotti consigliati
partono ma non arrivano mai
vanno verso l'infinito
immensamente buoni
portano via quelli brutti e cattivi
senza morti e feriti
ora staranno meglio col nostro benessere
diventeranno tutti come noi
buoni, belli,
simpatici, puliti, sorridenti,
smisuratamente grati e felici
di morire democratici.



venerdì 13 dicembre 2013

314 - RAGNATELE NUCLEARI

Ragnatele cosparse di brina
tra le sbarre, nella recinzione
della centrale termonucleare
dismessa
la natura che esiste,
resiste,
persiste
è come una merda di cane triste
per noi.

Domani crederò
per fare qualcosa
comprerò
una macchina che inquina meno
e una pistola per difenderla.

Nonostante tutto questo
il ragno è a posto
così anche tu
se stai al tuo posto
se ti assolvi
credendo in un dio
e nelle pubblicità
tutto scorrerà
e niente sembrerà toccarti.

Mentre naturalmente
il sole accarezza
dolcemente
anche le teste di cazzo
radioattive.





lunedì 9 dicembre 2013

domenica 8 dicembre 2013

312 - Psicofarmacologico

C'era una volta
un ragazzo che non c'è mai stato
un cervello perso in un paese disperso
tra terre bruciate dalla chimica sotto un sole malato
tra i rifiuti del fiume, del mare, della vita
tra le pieghe del tempo
inesistente
in un sorriso svanito con sigarette spente sulla carne
guardava sul pavimento la realtà come in un sogno
viveva i sogni come fossero realtà
assente inebetito
davanti allo schermo in cui trasmettevano
il suo pensiero
è morto per voi
per la vostra crudele vuotaggine
per lo schifo che gli avete fatto
si è ritratto dentro se stesso.

Non uscì più.

Solo i farmaci uscirono con le urine
finirono nel fiume
finirono nel mare,
e tu d'estate nelle tue agognate ferie
quando sei felice a nuotare
se una boccata d'acqua più salata del solito
ti rende più triste e più assente
sappi che è il piscio del ragazzo sparito.
















martedì 3 dicembre 2013

311 - SIAMO SOLI NOI

Saltellando
con i flash di Jack
tra corpi con i cervelli bloccati
nella morfina degli ieri
in equilibrio sui bordi dei marciapiedi
abbiamo visto
nascere i nostri sogni
e morire
fra sprangate e piombo
inviati dalla gente perbene
quelli che
trucidano e torturano
per proteggere
il loro champagne e i loro pasticcini
lontani da noi.

Nei nostri bruschi risvegli
trovandoci
con facce segnate
con corpi piegati
con pensieri confusi
cercando di ricomporre
pezzi sparsi ovunque
tra passati e presenti
per dare un senso al mosaico
con le residue speranze
che ci condannano
nelle attuali solitudini.

Siamo solo soli
che illuminano













mercoledì 27 novembre 2013

310 - ECONOMIA REALE

ECONOMIA REALE

Ho visto un'inaugurazione di un negozio di stereo hi-fi, c'era il rinfresco subito pieno di anziani che si ingozzavano come disperati riempiendosi anche tasche e borsette con i tramezzini e i pasticcini, senza alcuna vergogna, dopo poco è arrivata la gente per l'inaugurazione e non c'era più niente, i vecchi che c'erano se n'erano andati, non gliene fregava niente dell'inaugurazione, alcuni si sono allontanati su automobili nuove.
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Avevano fatto delle panchine lungo il fiume per sedersi, ma certi prima hanno fregato le viti, si vede che facevano comodo anche quelle, poi hanno fregato i travetti di legno delle panchine, ora ci sono solo i ferri, finché qualche genio della new economy non riuscirà a toglierli dalla base di cemento e venderli al ferrovecchio.
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C'era una dal tabaccaio davanti a me che conosco, erano pieni di soldi ma si sono mangiati tutto per vestiti firmati, auto di lusso, vacanze, ora è nelle case popolari ed è mantenuta dai servizi sociali: ha giocato 120 euro al lotto e preso quattro pacchetti di Marlboro gialle, ha pagato ed è uscita.
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Quando andavo alle superiori un amico ha cagato uno stronzo al cesso, non ha tirato l'acqua e ha infilato 50 lire in mezzo allo stronzo. 50 lire erano poca cosa tipo 20 centesimi adesso, alla fine delle lezioni è andato a vedere: lo stronzo c'era ancora, le 50 lire non c'erano più.
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Una volta da ragazzo sono andato con degli amici alla festa dell'unità all'ora di chiusura verso l'una di notte, avevamo fame ma eravamo senza soldi.
Entrando abbiamo visto che all'ingresso c'era in quel momento incustodita una scatola, con la bandiera rossa sopra, in cui avevano messo dei soldi in offerta quelli che erano entrati, in un lampo ne abbiamo prelevati parecchi e ce li siamo intascati, poi siamo andati allo stand in cui cucinavano per mangiare, stavano per chiudere e ci hanno chiesto loro se volevamo da mangiare e bere, perché erano salsicce già cotte, pastasciutta che avanzava nelle pentole, vino che restava dopo che avevano aperto le bottiglie, ci siamo riempiti e non ci hanno fatto pagare niente.
Allora all'uscita ho detto anche agli altri di rimettere i soldi che avevamo fregato dov'erano, lo abbiamo fatto tutti.
Gli organizzatori della festa hanno visto il gesto, erano felici e compiaciuti vedendo dei giovani così a modo, che dopo che avevano a loro offerto da mangiare e bere ricambiavano con generose offerte, entusiasti ci hanno ringraziato e salutato calorosamente.
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martedì 26 novembre 2013

309 - Sogni

Da bambino sognavo a occhi aperti
sognavo d'impiccarmi
e m'immaginavo la scena
quando mi ritrovavano
i discorsi, i gesti, le facce
mi divertiva molto
poi pensavo e mi svegliavo
capivo che mi erano tutti estranei
che era stupido e inutile impiccarsi
ero già inesistente per loro.

Sei morto dalla nascita per gli altri
mentre quello che sei veramente
lo sai solo tu.

lunedì 18 novembre 2013

308 - Non chiederti chi sei

Hai mai visto un morto?
Guardandoti allo specchio ne vedrai uno
con una faccia fissa e stanca
che ti guarda chiedendoti chi sei
e tu ti risponderai che non lo conosci
ti chiederai dov'è finito quello visto prima
lo conoscevi, ti eri abituato
ci avevi preso confidenza.
Invece non c'è più.
Tutto scorre
scappa via, sfugge
come l'acqua del ruscello
che va nel fiume
che va nel mare
e con le mani l'afferri per fermarla
ma è solo un momento
che va via
e tu quel momento l'hai perso
cercando di fermarlo.
Il tempo fa il suo corso
lascialo andare
fatti i cazzi tuoi
con le tue facce nuove
sempre più vecchie.


venerdì 15 novembre 2013

307 - Eroe nell'eroina

Inebriato dai sogni
il pistone preme
nella testa
la miscela esplode.
Funzioni, vai, fai
sempre nuove esplosioni
spingono oltre i limiti
sempre nuovo carburante
corsa continua
moto perpetuo
sognando le immagini di un paradiso
che un giorno ti spegnerà
come una sigaretta contro il muro
nella sala d'attesa del Sert.
Se vivi un attimo
muori il successivo
e risorgi il seguente
o anche no.
Quando l'importante è solo fuggire
da ogni forma di vita
ti incontrerai
con ogni forma di morte.
E se sopravvivendo ti ritroverai
specchiandoti negli occhi di tuo padre
capirai che hai perso
quello che eri.



giovedì 14 novembre 2013

306 - Saluto definitivo

Domani sarà il tuo giorno fortunato amico
ti inculeranno con oggetti vari in acciaio inox 18/10
tu dovrai solo annuire e fingere che ti piaccia
così sarai assunto con un contratto definitivo.
Quando ti sveglierai alla mattina ringrazierai il tuo padrone
per la sua benevolenza nell'averti dato un lavoro
non soffrirai fame, sete, freddo e pulci
come gli altri che sono rimasti senza padrone
e vengono pure picchiati se sono di razze che piacciono poco.
Starai sempre buono e obbediente agli ordini
così un giorno andrai in pensione
e potrai finalmente goderti la vita:
con una dentiera tremolante in bocca
con un pannolone pieno di merda e piscio
con i genitali  atrofizzati
farai gite
vedrai posti nuovi, anche se li hai già visti, grazie alla demenza senile
andrai al teatro ad addormentarti con la replica di Tootsie
e ti lamenterai dei giovani che si ribellano
perché non vogliono sacrificarsi per fare una vita sicura
e merdosa come la tua.
Io mi complimento per la tua vita tranquilla  e morigerata
e ti saluto dicendoti solo una cosa:
se morivi prima di nascere stavamo tutti meglio.
Va pure all'inferno vecchio sacco di merda secca,
adios amigo.


mercoledì 13 novembre 2013

305 - Pioggia di sperma (racconto breve)

Pioveva sperma sul piazzale del municipio, il segaiolo folle col cappuccio nero si era arrampicato nudo sulla torretta dell'orologio e continuava a masturbarsi ogni ora, quando l'orologio del municipio suonava l'ora lui cominciava una nuova sega.
La gente accorsa a vedere si teneva lontana, a distanza antisperma, i vigili urbani capitanati dal sindaco in persona stavano per salire a prenderlo per la scaletta che porta alla torretta, per porre fine a quello scandalo.
Ma appena iniziarono a salire vennero raggiunti da una pisciata dall'alto, il folle segaiolo urlava che se salivano si sarebbe buttato giù.
Si fermarono, fradici di piscio, li aveva centrati alla grande.
Il sindaco furioso per quel degrado della sua immagine pubblica tanto faticosamente costruita, asciugandosi con un fazzolettino di carta  i capelli bagnati di urina , disse al capo dei vigili di andare a prendere il fucile per addormentare gli animali che avevano in dotazione, intanto decise che bisognava farlo parlare, per capire cosa voleva e per distrarlo dai sui insani propositi.
Il sindaco salì con un megafono nel cesto dell'autogru comunale che usavano per mettere gli striscioni e sistemare i lampioni, e si fece portare sotto la torretta dell'orologio,  lo alzarono a tutta altezza, arrivava quasi al livello del segaiolo folle, un paio di metri più in basso.
Con il magafono cominciò a parlargli: "Dimmi chi sei e cosa vuoi, sono il sindaco e sono qui per farti ottenere quello che vuoi".
"Mavaffanculo sindaco di merda, faccia da cazzo, va via che mi fai schifo".
"Ma perché dici così? Sono un uomo che lavora, al servizio della cittadinanza, quindi anche al tuo servizio, dimmi cosa vuoi e vedrai che faccio il possibile per soddisfarti"
"Veramente sindaco di merda sei al mio servizio,? Allora sali su e succhiami il cazzo, che ho il polso che comincia a farmi male".
Il sindaco imbarazzato cercò di ostentare sicurezza e prontezza di riflessi:
 "Mi dispiace, non sono gay, dimmi le tue richieste seriamente e vedrai che cerco di accontentarti"
"Senti sindaco di merda: o vieni su e mi succhi il cazzo o mi butto giù così farai una figura che ti rovinerà la carriera politica"
Il sindaco vedendo il comandante dei vigili col fucile carico di sonnifero dal lato opposto che prendeva la mira, gli fece segno di tirare, ma il folle vide il gesto, si gettò dalla torretta dentro la cesta dell'autogrù e cadde alle spalle del sindaco, il comandante fidandosi della sua mira puntò nuovamente e sparò.
Il sonnifero colpì il sindaco che prima di addormentarsi urlo qualcosa verso il comandante, la stampa le descrisse come parole senza senso di un uomo che stava perdendo conoscenza e le riportò così:
"Portodio, tesca di caso, sei un pezzo di merla, desicente, credino, idioma".
Quando il sindaco fu completamente addormentato il folle se lo caricò sulle spalle, prese il megafono, usci dalla cesta dll'autogru andando sul cornicione del municipio  alla stessa altezza  e risalì sulla torretta.
Spogliò nudo il sindaco, lo appoggiò a 90 gradi alla ringhiera esterna e col megafono disse:
"Ora, invece di farmi una sega, ogni ora inculerò il sindaco, se volete farmi smettere dovete portarmi un milione di euro e un elicottero che mi porti all'estero".
Il comandante dei vigili vista la situazione d'emergenza decise di intervenire con i suoi metodi.
Prese la pistola d'ordinanza, prese bene la mira e sparò.
Il proiettile fece apparire del rosso sul culo nudo del sindaco addormentato.
Riprese meglio la mira, questa volta fu l'apparato genitale del sindaco ad andare a pezzi con mille schizzi di pelle/carne/sangue.
Il comandante decise allora di riporre la pistola, ma vide che le sue pallottole avevano ottenuto l'effetto di far sparire il segaiolo folle, non si vedeva più, forse si era calato dal retro della torretta, ordinò subito di bloccare tutte le uscite e di circondare il palazzo.
Salirono a recuperare il sindaco e lo portarono in ospedale d'urgenza.
Il segaiolo folle non fu trovato, col cappuccio nero nessuno aveva visto il suo volto, diffusero degli identikit del suo corpo con le caratteristiche fisiche e del pene, le ricerche furono coordinate del sindaco in persona, nonostante fosse convalescente volle subito tornare al suo lavoro, per recuperare il danno d'immagine avuto, dando un'impressione d'efficienza.
Il comandante dei vigili venne licenziato.
Il segaiolo folle non venne mai trovato.
Il sindaco non venne più rieletto, la sua immagine nonostante l'alacre impegno ne risultò danneggiata, un sindaco castrato e col culo bucato non lo voleva nessuno; gli elettori desiderano votare per persone che abbiano un'immagine esteriore perfetta, devono vedere nel politico un eroe con cui sognare giorni migliori anche se li prende palesemente per i fondelli,  l'illusione che viene creata supera la realtà.




lunedì 11 novembre 2013

304 - Fantasmi

Negli ultimi anni 70 ci trovavamo alla sera in una radio libera di paese in cui alcuni di noi parlavano ai microfoni mentre altri, tra cui io, ascoltavano i dischi scegliendo le canzoni da mettere in trasmissione.
Quando  uscivamo dalla radio andavamo con una vecchia Fiat 850 a gironzolare per il paese nostro e in quelli vicini, in piena notte.
Una notte d'estate siamo capitati davanti al cimitero e uno è sceso a pisciare, è tornato dicendo che si sentivano delle voci da dentro il cimitero, gli davamo del pazzo e che se le immaginasse.
Siamo scesi tutti e si sentivano veramente, tutti e cinque che eravamo sentivamo due persone parlare di continuo ma non si capiva una parola di quello che dicevano, era una lingua che nessuno di noi capiva o conosceva,.
Disse il pisciatore che forse col suo pisciare sulle mura sacre del cimitero aveva commesso un sacrilegio, svegliando dal sonno eterno i morti.
Siamo tornati in radio e abbiamo preso un registratore portatile, quindi siamo riandati con quello a registrare, le voci c'erano ancora, erano forti e distinte più di prima ma non si capiva ugualmente una parola, continuavano a parlare continuamente, senza mai fermarsi.
Abbiam registrato per diversi minuti, poi ritornati in radio abbiamo ascoltato il nastro registrato, però non si sentiva niente, solo un fruscio veniva dagli altoparlanti per quanto alzassimo il volume.
Alcuni hanno cominciato a dire che forse era stata un'allucinazione collettiva, mentre io sostenevo che fossero due stranieri che erano andati a dormire in cimitero e che stessero parlando tra di loro ubriachi e non si sentiva perché eravamo  troppo lontani col microfono.
Però ci rendemmo tutti conto che ora ci avrebbero preso per il culo gli altri della radio che prima ci avevano visti andare via a registrare, soprattutto c'era uno che era scettico, era più vecchio di noi, sui trent'anni e veniva lì essenzialmente per chiamare per ore a scrocco col telefono della radio la sua fidanzata che era andata a studiare all'università, si mandavano i baci con ti amo, mi manchi, amore, tesoro ecc, tanto che il proprietario della radio accortosi della megabolletta che era arrivata aveva messo un lucchetto sulla griglia girevole del telefono, così si poteva solo ricevere le telefonate senza chiamare, da allora lui veniva più raramente.
Quella notte c'era, ma in quel momento era in un'altra camera, allora io e un altro abbiamo avuto un'idea, ci siamo messi molto distanti dal registratore mentre gli altri hanno acceso la registrazione e noi tenendo le mani a cono sulla bocca con voci falsate, alternandoci uno faceva l'ululato "Uuuuuuhuuuuh" e l'alltro diceva le frasi: "Maledetto scroccone di merda", "Imbecille", "Demente", "Testa di cazzo", "Hai finito di telefonare a scrocco", "Scemo", "Vaffanculo tu e i mortacci tuoi", "Hai rotto i coglioni idiota".
Poi quando è arrivato nella sala in cui eravamo e ci ha chiesto se avevamo registrato le voci del cimitero gli abbiamo fatto ascoltare il nastro con gli ululati nostri e le offese, si sentivano abbastanza chiaramente le parole che dicevamo,.
Lui serissimo e pallido in volto ha ascoltato, quando è finita la registrazione ha detto:
"Veramente impressionante, mi ha fatto venire la pelle d'oca."
Si è alzato dalla sedia, ci ha salutato ed è andato via.
Da quella volta non è più venuto in radio.
Mentre noi abbiamo riso per settimane.


sabato 9 novembre 2013

303 - Favola di strada statale (racconto per adulti dallo stomaco forte)

C'era una volta un camionista che si chiamava all'anagrafe Giacomo, ma essendo grande, grosso, tatuato e pelato assunse un nome più grintoso, lo chiamavano tutti Jack.
Una sera Jack andava veloce lungo la statale col suo tir quando vide una prostituta bella e bionda, frenò di colpo, lo stridere dei freni fece spaventare la signorina e quando lui le chiese:
" Sali?"
Lei rispose:
"Vaffanculo testa di cazzo, per poco non mi fai cagare addosso dallo spavento, è maniera di frenare? Brutto imbecille, figlio di troia, hai la sborra nel cervello?"
"Sì, continua, offendimi, mi eccito ancor di più. Mi piacerebbe anche che quella merda che non ti sei cagata addosso me la cagassi addosso a me."
"Sgancia cento euro e ti cago addosso, deficiente."
Jack prese il portafoglio e le diede i cento euro, lei lo invitò a scendere dal camion e a seguirla dietro il guard-rail. Lui spense il motore e la seguì, dietro il guard-rail c'era una collinetta di terra, ci si saliva e si scendeva subito in una piccola radura trasformata in discarica d'immondizie.
"Spogliati nudo e coricati, pezzo di demente."
Jack si spogliò e si distese sul terreno umido di liquami e sterco di topi, lei si tolse la minigonna ed era già senza mutande, si accovacciò su di lui come se fosse in un cesso modello turca, col culo all'altezza della pancia di lui, rivolto verso il suo viso.
"Me l'hai fatta venire dallo spavento, te la meriti tutta."
Prrraaaack.
Arrivò una cagata colitica liquida che lo spruzzò dai genitali alla pelata.
Jack cominciò a lamentarsi: "Ma no, volevo una merda solida, che fosse un gesto simbolico, non volevo questo schifo di merda liquida, dammi indietro i miei cento euro, non sono contento così, guarda che mi hai sporcato tutto di schizzi persino il viso e la testa."
"Senti faccia da merda i soldi me li tengo, se non sei contento rivolgiti all'unione dei consumatori e vaffanculo"
Lui la prese per un braccio: "Restituiscimi i soldi puttana!"
Si trovò un coltello a scatto piantato sotto la gola: "Ascolta bene cesso umano, prima ti faccio a pezzi io, poi vengono quelli che mi proteggono, ti danno fuoco e ti seppelliscono."
"Scusa, perdonami, non protesto più."
"Ecco bravo, ora visto che hai fatto lo stronzo e non mi è piaciuto il modo con cui mi hai chiamato puttana, mi pulisci il culo con la lingua e che sia più pulito di prima, altrimenti ti apro la gola."
Lui le leccò il culo sporco e glielo pulì a dovere, soffocando a fatica i conati di vomito che sentiva levarsi dallo stomaco.
"Togliti dai coglioni e non farti più vedere, mangiamerda!"
Si avvio mesto al camion nudo, con i vestiti sotto braccio, si pulì come meglio poteva con dei fazzolettini di carta, si rivestì e risalì sul camion.
Andò via.
Quando tornò al suo paese e da sua moglie si fece una buona doccia, si cambiò, alla sera uscì e trovò il suo migliore amico di sempre al bar.
Preso dalla voglia di raccontare l'esperienza Jack prese a parte l'amico e gli disse la storia ma in una versione sua, edulcorandola e dandole una parvenza di ricerca scientifica; disse che per curiosità voleva vedere un buco del culo femminile mentre caga, allora ha chiesto a una puttana di cagargli sul petto, lei gli ha fatto uno stronzo, erano nell'appartamento di lei, così dopo essersi fatto la doccia se ne è andato fresco e pulito nonché appagato della sua curiosità, raccomandò all'amico che la storia rimanesse solo tra loro due.
"Sai che di me puoi fidarti!" Disse l'amico. Jack, confortato e lusingato di questa amicizia, pagò da bere all'amico un paio di giri con costoso whisky di gran pregio.
Il giorno dopo quando andò a prendere il caffè al bar notò che gli altri avventori ridevano e scuotevano la testa, fece l'indifferente, si mise in un angolo a leggere il giornale sportivo, ma sentiva battute inequivocabili accompagnate da risate: "Sento puzza da merda oggi.", "Stamattina volevo fare un video col cellulare del mio culo mentre cagava uno stronzo e poi venderlo a qualcuno, magari ci faccio cento euro.", "Hai sentito che stasera in televisione c'è un documentario sui culi che cagano."
Uscì rabbioso dal bar e telefonò all'amico: "Ma lo sanno tutti, infame maledetto!"
L'amico negò, disse che sicuramente era stato qualcuno che li aveva ascoltati, lui non l'aveva detto a nessuno tranne che al barista stamattina, perché sapeva che era uno che non dice niente a nessuno.
Allora Jack rientrò in bar e andò dal barista, lo prese in parte e gli disse: "Ti spacco la faccia, hai detto a tutti quello che doveva restare tra noi."
Ma il barista giurò che non lo aveva detto a nessuno tranne che a Mario, il postino in pensione alcolizzato che da quando gli era morta la moglie stava sempre zitto e beveva, tanto non parlava mai con nessuno e aveva bisogno di storie divertenti per tenersi su di morale.
Jack andò da Mario ma era già ubriaco perso e come risposta ottenne un paio di fragorosi rutti, allora uscì dal bar, era più furioso di prima, ormai lo sapevano tutti, telefonò alla sua ditta di trasporti e chiese di essere trasferito sulle tratte estere, così stava via da quell'assurdo paese e ci sarebbe tornato raramente. Nel mentre pensava che uno non poteva neanche fare un esperimento scientifico, non poteva togliersi una curiosità che loro lo deridevano, così mortificavano la creatività, se un inventore fosse nato in questo schifoso paesino non avrebbe combinato niente, bloccavano la ricerca con le loro stupide derisioni.
Andò via a lavorare all'estero, ma dopo un mese dovette ricoverarsi in ospedale, gli diagnosticarono una epatite di tipo A da residui fecali, sua moglie lo disse ai vicini sostenendo che era a causa della cattiva igiene del ristoranti in cui mangiano i camionisti all'estero, ma i paesani fecero uno più uno e tirarono le somme, la merda della puttana se l'era mangiata, ora per tutti si chiamava Jack Mangiamerda Di Puttana.
Jack venne a saperlo dal suo migliore amico quando gli telefonò in ospedale, allora convinse la moglie che lei sarebbe stata meglio in città, così trovava tutto a disposizione invece che in paese dove c'erano solo pochi negozi, poi se nascevano dei figli avevano tutte le scuole sul posto senza farsi ore di corriera per raggiungerle stanchi e assonnati, era meglio per loro stare in città; lei ammirata di fronte a un uomo che pensava alle sue esigenze e a quelle dei futuri figli acconsentì.
Quando Jack lo dimisero comprò una appartamento di città con un mutuo e mise in vendita la casetta che aveva in paese.
Riuscì a vendere la casa, si adattarono bene in città ed ebbero 3 figli, due maschi e una femmina, passarono gli anni, i figli studiarono e fecero delle brillanti carriere, soprattutto la femmina che divenne una conduttrice televisiva famosa e apprezzata, quando i televisori si accendevano e lei presentava in tutta la nazione gli spettatori ammirati dicevano "Che brava che è ed è anche bellissima!"
Tutti dicevano così, tranne che nel vecchio paesino dove la frase la modificavano in: "Che brava che è ed è anche bellissima la figlia di Jack Mangiamerda Di Puttana!".
E tutti vissero felici e contenti.



venerdì 8 novembre 2013

302 - Innamorati in mare

Al mare, nelle scintillanti notti stellate
ci sono gli innamorati che si tengono per mano
e cagano in acqua
le onde sparigliano le feci
pezzi di sterco ballano sul bagnasciuga
mentre loro con le mani libere si puliscono il culo
e poi gettano la cacca in ogni direzione,
tutti gli innamorati puzzano
producono merda, sporcano tutto di merda
con quegli occhi da fessi, con quei discorsi da fessi
fanno schifo, a me l'amore fa vomitare
se una mi dice amore le vomito addosso
è ricatto, è ipocrisia, è interesse il legame d'amore
non voglio catene, non voglio palle al piede
non voglio occhi stupidi che mi guardano innamorati
voglio essere odiato o rispettato
disprezzato o apprezzato
per come sono io, dentro
io sono il mio pensiero
se mi entri nel pensiero
allora hai un cazzo di premio
e ti vorrò veramente bene
ma se non ti va così
e sogni romanticherie amorose
puoi sempre andartene affanculo
con sola andata
sulla statale 309.





300 - Ragioni in più per vivere

Quelli che conoscevi e sono morti
diventano delle ragioni in più per vivere,
li porti dentro facendoli vivere attraverso di te,
altrimenti quello che erano verrebbe dimenticato
e loro svanirebbero,
sarebbe come se non fossero mai esistiti.
Tutti quei momenti vissuti assieme,
le loro idee,
sono particelle in comune che si avevano
e che non vanno mai cancellate,
sono fondamentali nella costruzione
di tutti
noi.

domenica 3 novembre 2013

299 - Sbirrolino (racconto)

"Apra il baule e mi favorisca i documenti."
Lino, il piccolo malvoluto sbirro soprannominato nei peggiori bar Sbirrolino mi aveva fermato nuovamente.
"Non si apre il baule, la serratura si è rotta. Per accedere al baule bisogna tirare giù i sedili posteriori. Non capisco poi perché mi chiede i documenti, li ha visti anche ieri, non è il giornale in cui ci sono nuove notizie."
"Senta lei faccia poco lo spiritoso e mi favorisca i documenti se non vuole che la sbatta dentro. Non ho tempo da perdere."
"Appunto quello dicevo. Se non ha tempo da perdere mi domandavo perché ripete le cose fatte ieri. Comunque se ci tiene a vederli eccoli qua i documenti, uguali identici a ieri, hanno passato una notte tranquilla nel tepore del cruscotto."
"Lei se non la smette di fare le sue stupide battute fa una brutta fine, la avviso."
Con faccia seria, abbattuta, guardando a terra sto zitto tenendo il broncio.
Nervosamente Sbirrolino scrive i dati dei documenti, poi torna da me, chiede di vedere il baule avvicinandosi al retro dell'auto.
"Come le ho detto non si apre." E faccio vedere che tirando la maniglia non funziona, prova anche lui e non ci riesce ad aprire. "Abbassi i sedili allora." Apro una porta posteriore entro con le mani e tiro le levette abbassando i sedili posteriori, "Ecco guardi pure." dico, lui fa per entrare ma con i sedili abbassati non si entra bene, e non si vede niente, allora chiama il suo collega facendosi portare la pila, con quella guarda e vede che il baule è vuoto, cerca di allungarsi per vedere meglio ma la divisa si impiglia nei ganci dei sedili posteriori.
Innervosito si ritira, "Va bene, può andare, buongiorno."
"Ngiorno." Borbotto fingendomi ancora risentito.
Risalgo in auto e me ne vado, mi fermo al supermarket mezzo chilometro dopo, faccio la spesa, torno col carrello e apro il baule che era semplicemente chiuso a chiave, dicevo che non si apriva per un gioco con Sbirrolino a farlo dannare, ognuno a cui stava sul cazzo si inventava qualcosa per rompergli le palle. Sto mettendo dentro la roba e attraverso il vetro del portellone vedo arrivare Sbirrolino, chiudo immediatamente, apro la portiera posteriore e comincio a mettere la roba dentro sui sedili posteriori, lui passando guarda con sguardo soddisfatto, non avendo visto quando avevo aperto e vedendomi caricare la spesa fatta sui sedili ha accertato che è vero che il baule non funziona, si sente un grande detective.
Parto e arrivo nella piazza del paese dove trovo la solita compagnia d'intossicati, alcolizzati e fuori di testa variopinti.
Mi fermo e seduto in auto mi metto a parlare dal finestrino, una vede che ho fatto la spesa, "Hai birre?" si avvicina al finestrino e le vede sui sedili dietro, "Guarda quante birre!" arrivano degli altri, circondano la mia auto come zombie affamati che hanno visto la carne umana, battono sui vetri con i palmi delle mani, farebbero impressione se non sapessi quanto sono coglioni, e mi rompe pure il cazzo dare a loro le mie birre, comprate per tenermele in casa, potrei mandarli tutti affanculo che se lo meritano ampiamente ma mi dispiace perché spesso sono io a scrocco loro. "Ho fretta e devo andar via, ve ne do quattro e son pure troppe, ve le dividete in sette, fate le parti o giocatevele a poker."  ne strappo 4 dalla confezione gliele passo, loro aprono e le passano tra loro. Mario Tossico da lontano mi vede e si avvicina, mi dice "È da ieri mezzogiorno che non mangio, hai qualcosa da mangiare.", scendo, apro il baule e guardo, trovo le 5 confezioni da 20 pacchetti di cracker, gliene porgo una confezione intera , "Ho questi se vuoi.", lui li prende contento, apre subito e comincia a mangiarne, lasciando il baule aperto vado sui sedili posteriori e prendo una birra anche per Mario, mi guarda felice con  occhi stanchi, strafatti e malinconici da cane randagio, con la bocca piena di briciole di cracker sputazzandole mi dice "Grazie, sei un amico."
Ma nel mentre ripassa Sbirrolino col suo compare e si blocca frenando rumorosamente.
Scende di scatto dall'auto: "Allora funziona il baule, non era vero niente quello che dicevi!".
"Me lo ha appena aggiustato il mio amico che si intende d'auto." dico indicando Mario strafatto .
"Si intende d'autoradio." fa Sbirrolino.
Adesso era lui che faceva le battute. Gli dico:"Prima mi ha visto davanti al supermarket che mettevo la spesa sui sedili dietro, se avevo il portellone del baule che funzionava l'avrei messa nel baule, non le pare?"
Sbirrolino pare convinto ma guardando la parte di spesa che è nel baule mi dice: "E questa allora, perché è qui?"
"Stavo giusto passando nel baule la spesa adesso che posso accedervi, grazie a lui che me l'ha aggiustato, così è più sicuro viaggiare perché se si frena bruscamente gli oggetti possono finire verso i sedili anteriori e ostacolare la guida."
Sbirrolino guarda con sospetto, deve avere un sentore di ironia e presa per il culo dalle mie parole., con fare deciso va verso il mio baule, con un cenno chiama il suo collega:
"Diamo una controllata." e comincia a rovistare, sposta da una parte la spesa che c'è, solleva il tappetino e guarda la ruota di scorta, con l'altro suo collega la tira fuori, guardano nella custodia degli attrezzi.
"Potete contargli anche i peli del cazzo!" dice forte una voce alle loro spalle.
Sbirrolino si volta rosso furioso in volto: "Io vi sbatto tutti dentro, vi prendo a calci nei coglioni e vi arresto, cosa credete di fare i furbi con me? Capitate male!"
Un sonoro rutto da birra tuonò nell'aria.
Sbirrolino si mette a correre e prende per un braccio Maicol che stava guardando la scena appoggiato a un pino, "Sei stato tu!" "Ma non sono stato io, veniva dall'altra parte." e tutti quanti noi: "E' vero." , "L'ho sentito anch'io." "Veniva da quell'altra parte.", "Non è stato lui.".
Ognuno cominciò a dire cosa stava facendo e che il rutto distintamente partì dalla parte opposta di Maicol, al che il collega di Sbirrolino disse "Anche a me è parso venisse dall'altra parte."
Sbirrolino incazzato col collega "Potevi dirmelo subito, dove hai il cervello?" e si avvicina di corsa da quelli della altra parte "Chi è stato di voi? "
E tutti noi, dicevamo: "Veniva da dietro la siepe", "Sì veniva da più indietro.", "Qualche ragazzino avrà voluto fare uno scherzo, si è nascosto dietro la siepe e ha detto il potete contargli anche i peli del cazzo poi vi ha pure ruttato."
Sbirrolino si mette a correre fin dietro la siepe, vede dei ragazzini in lontananza che giocano a pallone, si avvicina di corsa seguito a distanza dal collega, si vede che si agita e i ragazzini scuotono le spalle dicendo che non sono stati loro, indicano degli anziani lì vicino che confermano che sono sempre stati lì.
Si sente la sirena dell'auto di Sbirrolino accendersi, un baccano infernale, torna di corsa incazzatissimo, la spegne tra le risate generali.
"Ve la faccio pagare a tutti. Sali su!" urla al collega.
Il collega alla guida con lui a fianco partono sgommando, arrivano all'incrocio e sta passando un furgone, frenano bruscamente sul ghiaino finendo col muso dell'auto fuori dalla riga dello stop, il furgone frena bruscamente e l'autista li manda affanculo.
Loro scendono, in risposta cominciano a chiedere i documenti e a perquisire il furgone.
Ora Sbirrolino ha qualcun altro con cui cercare di far valere la sua autorità, che penso non avrà mai finché si comporta con arroganza ed è estraneo all'ambiente in cui lavora.

sabato 26 ottobre 2013

298 - o le scorregge o il vento

Quando ogni tuo giorno sembra un nebbioso tramonto
quando ogni speranza svanisce al primo raggio di luce
quando i tuoi occhi nello specchio vedono il vuoto
ascolta con estrema attenzione alla sera
le scorregge di tua nonna addormentata davanti alla tv
è una sonata di pensieri morti
che predicono il tuo futuro
stagnante e fetente
finché stai in casa.
Esci, scappa,
non guardare indietro
non fermarti mai
corri verso i momenti persi
insegui i sogni sparsi
cogli ogni refolo di vento
corri sempre
e anche se il mondo ti schianterà
almeno un attimo avrai vissuto
sarai esistito.


mercoledì 23 ottobre 2013

297 - Un buon lavoro da prostituta

Grazie di essere venuta
per favore mi baci
e mi chieda come sto
poi la pago
regolarmente, in nero.
Io spesso mi sento solo
mangio solitario
a volte guardo il mio viso
che si specchia nelle posate
per controllare se esisto
poi esco, mi siedo davanti alla porta
guardando chi passa
vedo passare le posate
in cui mi ero specchiato
usate meglio dai nuovi proprietari
con sguardi taglienti
con gran facce di cazzo
con furia le usano
tentando di farmi a pezzi
guardandomi dall'alto in basso.
Ormai mi sono abituato
sono loro i padroni del mondo
e mangiano bene
con marmellata di chimica sterilizzata
con spremuta di budella degli schiavi
hanno la colazione dei campioni
poi con energia
via, a mietere sempre nuove vittime.
Ma a me in fondo vogliono bene
mi hanno dato un buon lavoro
da guardone passivo
devo menarmi l'uccello ogni giorno
al loro passaggio
eccitarmi e ammirarli
lodarli e difenderli
farò carriera se seguo le istruzioni.
Però mi sono accorto che non funziono
colpa mia
sono un ingranaggio fuori posto
ho abbandonato il meccanismo
poco dopo la mia nascita
e se ci rientro sarà l'attimo che precede
la mia morte.
Tutto questo non è una buona cosa
lo so
ma sono io
e la mia esistenza
sarà solo lungo i selvaggi confini
dell'inesistenza.



giovedì 10 ottobre 2013

296 - Una giornata spensierata

54 - UNA GIORNATA SPENSIERATA

Lunedì di settembre, mi alzo che è tardi, sono le 10 passate, mi lavo e mi vesto, mangio qualcosa, carico il cane in auto e passo a prendere il quotidiano da leggere, è pieno di gente il negozio, mi tocca aspettare per il giornale, alla fine riesco a prenderlo.
Salgo in auto e decido di fare un giro al mare, arrivo, ci sono ancora gli stabilimenti aperti che spaccano il cazzo se entro col cane, vado in quello più isolato e meno frequentato, scendo e c'è un altro cane libero che litiga col mio, allora carico il cane e vado più avanti ancora, dove c'è la pineta.
Penso di attraversare la pineta e andare nella spiaggia libera.
Prendo lo zaino, ci metto dentro un un paio di bottiglie d'acqua, dei cracker, asciugamani, telo spiaggia, il giornale e col cane a seguito m'incammino, ma il sentiero è strettissimo, lungo, non finisce mai, sembra d'essere in montagna con saliscendi e tronchi di pino che ostruiscono la strada, nel mentre mi viene in mente che proprio in quella zona a uno gli è caduta addosso una vipera da un ramo e l'ha morso al collo, l'hanno portato in ospedale e si è salvato per un pelo pubico, mi viene immediatamente la paranoia delle vipere, che ce ne siano, allora mi prendo un ramo da terra da usare come bastone per battere sul terreno che si percorre, ma becco un ramo pieno di merda verde che m'insozza una mano,.
Dopo parecchi minuti arrivo alle dune dove finisce la pineta e si accede alla spiaggia, il cane non c'è più dietro di me, torno indietro e lo trovo fermo, pieno di spini che non riesce a camminare e si lamenta, glieli tolgo con pazienza bucandomi varie volte le mani.
Prendo il cane in braccio e faccio la strada che rimane, intanto mi viene la nuova paranoia di prendermi delle infezioni con le mani sporche bucate dagli spini.
Arrivo in spiaggia libera, piena di rifiuti, vado in acqua a sciacquarmi, torno e noto diverse vespe che svolazzano tra i rifiuti, mi tolgo i calzoni e resto con i boxer arancioni, mi siedo su un tronco a leggere il giornale, ma sento un brusio incredibile , che aumenta, cazzo!
Le vespe sono attirate dall'arancione, mi vengono vicino, si appoggiano sui boxer. Le scaccio col giornale arrotolato ma si incazzano, tornano indietro minacciose, corro verso l'acqua, mi fermo sul bagnasciuga, le vespe rimangono lontane , ma ora è pieno di tafani, che cominciano a volare attorno, ad appoggiarsi, a pungere. Vado più avanti in mezzo all'acqua su di un'isoletta formata dal mare, sto qualche minuto tranquillo.
Però vedo uno fermo dove ho lasciato zaino e calzoni,  torno velocemente a vedere correndo indietro, lui intanto si allontana, controllo e non manca niente. Ritornano le vespe e qualche tafano.
Mi viene da urinare, c'è gente che passa, allora vado verso le dune vicino a  un cespuglio, me lo tiro fuori e comincio a  pisciare verso un grosso tronco marrone, ma vedo che si muove! Scopro che è un culturista superabbronzato che stava immobile a prendere il sole steso tra le dune, faccio l'indifferente pisciando verso l'altra direzione mentre sento che brontolando si alza e si allontana, noto che sarà un metro e sessanta di altezza per un quintale di peso, pelato, color marrone noce nazionale, e gli avanza di protestare se uno lo scambia per un tronco e gli piscia contro.
Torno alla mia postazione dove c'è il cane, si lamenta, i tafani beccano, le vespe ronzano ancora intorno.
Non ne posso più, decido di tornare a casa. Mi rivesto.
Appoggio il giornale ma quasi subito una folata di vento me lo sparpaglia per la spiaggia, inseguo i vari pezzi inseguito dalle vespe, riesco a recuperarlo, velocemente prendo zaino e col cane in braccio ritorno, ma passate le dune non trovo più il sentiero nella pineta da cui ero uscito, prendo a caso, però mi accorgo che non è la strada fatta, trovo una megacagata sul passaggio, la salto in lungo, ma ce n'è un’altra dopo, poi altre, ho preso la strada delle merde, facendo l'ennesimo salto in lungo della cagata con zaino e cane in braccio poggio male un piede e ho una storta alla caviglia, dolorante prendo un altro sentiero che mi pare possa essere più breve, invece peggioro la situazione, me ne accorgo dopo poco che sto facendo un giro larghissimo, dopo un paio di chilometri di sali e scendi , rami, rovi, tronchi da scavalcare, cane in braccio, sento finalmente che passano delle macchine, c'è la strada su cui ho parcheggiato, sbuco, ma sono quasi un chilometro più avanti.
Allora torno indietro sotto il sole, metto giù il cane che sono stanco a tenerlo in braccio ma va subito a finire in mezzo alla strada, lo riprendo, gli ordino di tenermi dietro, la fa per qualche metro poi rimane indietro, allora torno sui miei passi a riprenderlo, il sole è quello di mezzogiorno, picchia forte, col cane in braccio faccio le centinaia di metri che mancano alla macchina, passano macchine e mi guardano, uno fa i fanali, di lì a poco anche un'altro, che cazzo vogliono mi domando, poco dopo capisco che cazzo è la parola giusta, mi ricordo che qualche chilometro più avanti c'è una zona di ritrovo per gli omosessuali, vedendomi col cane bianco, piccolo e peloso che ho ereditato da mia mamma in braccio, e camminando sulla strada che sembra provenga da quella zona mi pigliano per un gay in cerca d'incontri, ma vedendo che non rispondo e non devo neanche avere un aspetto amichevole con i coglioni girati che ho, capiscono che aria tira e quindi proseguono.
Arrivo finalmente alla macchina che avevo parcheggiato all'ombra, ma il sole ha girato ed è rimasta sotto il sole, apro le portiere e una sbuffata d'aria infuocata m'investe, sembra un forno, apro tutti i finestrini non avendo l'aria condizionata, il cane si nasconde sotto la macchina, ha caldo e non vuole venire fuori anche se lo chiamo, mi chino per tirarlo fuori, passa una macchina di gay che vede il culo a 90 gradi con i calzoncini corti e mi suona, mi tiro su infuriato con i muscoli in tiro, loro in macchina hanno rallentato, guardano, vedono che sono arrabbiatissimo e accelerano subito andandosene. Finalmente recupero il cane, lo metto in macchina e parto, comincia ad ansimare dal caldo, allora accelero per rinfrescare l'auto ma due curve dopo freno di colpo che per poco non mi ammazzo, ho intravisto il furgoncino con l'autovelox dei vigili che è lì nascosto, stavo per beccarlo,  passo davanti e mi guardano storto avendo sentito la frenata, forse vedono lo sguardo da pazzo assassino con cui li ricambio e non fiatano, non mi fermano, si voltano.
Proseguo e arrivo al mio paese, mi fermo per aprire manualmente il vecchio cancello di casa, così mi schiaccio un dito con la leva d'apertura.
Passa in quel momento un conoscente in bicicletta e mi dice: "Tu sì che stai bene, ti diverti dalla mattina alla sera.".
Gli vomito una valanga di bestemmie e offese che lo fanno proseguire veloce e perplesso.


mercoledì 9 ottobre 2013

295 - Vecchio

Un giorno ho visto un vecchio malato di Alzheimer che si è cagato addosso per strada, si è calato pantaloni e mutande e guardava imprecando la merda con cui si era imbrattato.
Dei ragazzini hanno iniziato a tirargli dei sassi urlandogli: "Fai schifo", alcune donne scandalizzate sono corse in casa a chiamare i vigili, molti ridevano.
Sono arrivati i vigili e hanno chiamato un'ambulanza.
Il vecchio piangeva.
Era l'unico che non recitava in questa farsa.

domenica 6 ottobre 2013

294 - Rotolando

Si è bloccato il computer, non funziona più.
Lo spengo e mi metto a guardarlo, riflesso nello schermo vedo la mia faccia spaesata e mi deprimo. Non piango mai, neanche quando muore qualcuno, ma quando guardo a lungo la mia faccia mi vien quasi da piangere, non voglio essere qui dentro, vorrei essere ad animare qualcos'altro, un cane randagio o un orso bruno, piuttosto.
Mi chiedo il perché, che il mio aspetto mi mette così tanta tristezza.
Mi rispondo: per il fatto di aver perso il treno della vita, sono al tramonto senza aver vissuto nessuna alba.
Esco, decido di uscire, mi rilasso a fare un giro in macchina, vedo gente. Accendo il motore, esco dal garage in retromarcia e vorrei continuare la retromarcia, tornare indietro, sempre indietro fino a un punto che finalmente mi piace, ma finisco col paraurti contro il muro che recinta la proprietà, che recinta la vita.
Metto la prima e parto, entro nella strada, entro nella provinciale, entro nella statale, tra tonnellate di lamiere a cento all'ora, mi sento uno scemo, uno scemo qualunque, dentro una scatola di ferro, giro inutilmente, ora decido che vado verso il mare, in una giornata di vento freddo e pioggia è bello andare al mare.
La lunga strada per il mare si dipana tra alberi e campi coltivati, il tergicristallo mi terge i pensieri, non penso e sto un attimo sereno, la totale stupidità dona serenità.
Mi fermo, spengo il motore e mi avvio a piedi verso la spiaggia, pioviggina, col cappuccio in testa mi sembro un monaco che va verso un destino ignoto, un sentiero di lastre di cemento sulla sabbia mi accompagnano verso la spiaggia, nessuno neanche all'orizzonte, solo io che vado verso l'acqua, sento l'istinto di entrarci, di continuare a camminare finché possibile, poi di cominciare a nuotare finché possibile, poi di cominciare a vivere tra l'acqua finché possibile e fine.
Mi blocca un tappo di penna blu, sulla battigia, davanti ai miei piedi, strano e surreale in quel posto, "Senti chi parla!" penso che mi direbbe "Sei l'unico pirlone in circolazione con questo tempo", rido da solo, come uno scemo, come ogni pazzo col cazzo solitario.
Le gambe mi cedono, mi siedo sulla sabbia, il forte vento freddo bagnato mi colpisce ripetutamente il viso, come schiaffoni per riprendermi, appoggio la testa tra le ginocchia, fanculo tutto.
Mi alzo, la depressione mi prende spesso così, all'improvviso, basta un piatto rotto, una gomma bucata, una tapparella che si rompe, un'ennesima delusione e mi viene voglia di morire, è la goccia che fa traboccare il vaso, un vaso ignorato volutamente ma che dentro ce l'ho, pieno di sconfitte e di speranze morte.
Mi avvio a tornare verso la macchina, c'è freddo, ricomincia a piovere forte, io cammino lento, la pioggia che sbatte sul giubbotto di finta pelle, il suo ticchettio sul cappuccio, la faccia che si bagna, dentro un tutto triste e solitario, perfettamente così.
Mi sento meglio, mi sento uno stronzo, uno stronzo come gli altri che rotola verso un nulla, ma in fondo si attiene al suo compito, di essere stronzo e di rotolare senza pensarci troppo, altrimenti non saresti stronzo, altrimenti non rotoleresti lungo questo tragitto in cui sei stato cagato dal destino.
Salgo in macchina e guardo un proprietario di un ristorante che fuma solitario una sigaretta sotto il portico, ha una faccia più triste della mia, ha il ristorante aperto vuoto in una giornata di pioggia quando la stagione balneare è finita, evidente bisogno di soldi, c'è solo la sua Bmw nuova nera da 50mila euro davanti al ristorante e lui appoggiato alla colonna del portico con una faccia da funerale e da cambiali, gli passo davanti con la mia auto ammaccata da 500 euro e 219mila chilometri fatti, non mi guarda neanche, per la gente comune non esisto perché ho come un cartello enorme luminoso che si vede da lontano anche col maltempo con su scritto "Non ho soldi", respinge da me ogni persona interessata, è una garanzia di solitudine e di scarsa attività sessuale.
Il mondo è bello, è la gente che è quasi tutta fatta di merda, hanno aderito a questa civiltà schifosa, egoistica e idiota, e se non aderisci anche tu ti emarginano, ma appunto, chi cazzo se ne frega, sto meglio senza teste di minchia attorno, solo che quando mi si rompe qualcosa cado a pezzi anch'io, mi ci vuole un sorriso interiore per darmi un calcio nel culo e ributtarmi in tutto questo.
Accendo la vecchia autoradio dalle manopole rotte e mi trasporto assentandomi nei pensieri più distraenti.
Fuori da un concessionario vedo esposta una 128 berlina azzurro metallizzato come fosse nuova e rido, come un demente rido, che macchine assurde che facevano quando c'era una vita sensata, che macchine sensate fanno ora che viviamo una vita assurda.
E vedo le altre macchine sfrecciare veloci per le compere del sabato, tutti in coppia, solo io solo, ma loro hanno sguardi persi nei loro doveri, magari dentro quei corpi dagli sguardi già visti, dietro la loro prevedibile meschinità c'è ancora qualcosa di umano, che piange soffocato.
Siamo proprio stronzi, penso, rotoliamo verso il futuro come stronzi e rido.
Ma sì ridiamoci su, ridiamo per non piangere e per continuare, per poter assistere alla prossima puntata di questa avventura, sperando in un ruolo da protagonisti e non da spettatori guardoni passivi, è lì il vero problema.

domenica 29 settembre 2013

293 - Sgorgano

Sgorgano
dai muri della nostra prigionia
rivoli
ruscelli
fiumi
oceani infiniti
di persone
si riversano nelle strade
hanno motori
infiniti motori
corrono verso infiniti niente
immersi nelle loro illusioni
ridicoli e tragici
tengono in vita lo spettacolo
di questa ridicola agonia.

venerdì 6 settembre 2013

292 - I soldi non fanno la felicità (racconto)

"Dammi i soldi!"
Il pugno nello stomaco colpisce, la luce dei lampioni sembra per un attimo spegnersi.
Mister Muso Di Merda davanti a lui lo colpisce ancora con uno schiaffone alla mascella.
Il mondo gira, la fortuna è girata via.
"Non ho i soldi, per favore aspettate ancora qualche giorno, vi prego, ve li recupero, ve lo giuro".
Secondo schiaffone che si pianta sullo zigomo sinistro, lasciandolo formicolante e dolorante.
"Ascolta bene pezzo di merda, se dopodomani sera non ce li hai fai una brutta fine, stampatelo in quel cervello bruciato, ultimo avviso".
Lo Scagnozzo che tiene le braccia da dietro molla la presa. Se ne vanno.
Pierluigi s'incammina verso la macchina parcheggiata nel vicolo, dolorante allo stomaco e con la pelle del viso che brucia nelle zone colpite.
Un gatto che sta dormendo sul tetto della sua macchina quando lo vede arrivare scatta via spaventato.
Apre, si getta sul sedile, mette in moto, parte.
La notte scorre attraverso i vetri, ma lui è fermo: senza soldi, senza speranze.
Arriva al pontile del porto, si ferma, voglia di accelerare e gettarsi con tutto nelle acque scure e unte.
Il motore aspetta al minimo.
Non gettare mai la spugna, gli ripeteva suo padre, ma suo padre non faceva debiti, non era mai rimasto senza lavoro, non si era mai mangiato soldi al gioco, non c'erano le macchinette mangiasoldi, non c'era Mister Muso Di Merda con lo Scagnozzo che volevano ammazzarlo.
Che cazzo fare? Che cazzo fare? Continua a ripetersi col motore acceso e il porto nella notte davanti.
Spegne il motore, scende dall'auto e si accende una sigaretta.
Cammina fumando verso i portici che fiancheggiano la strada che accede al porto, lo attira una vetrina con delle parrucche femminili in vista, è un negozio di carabattole cinesi, con i vecchi vetri leggermente appannati.
Si sofferma a guardare, guarda in quel confuso, variopinto e appannato universo in cui il disordine e la non visione nitida amplificano gli stimoli che giungono al cervello, creando nuove connessioni inaspettate di pensieri, che gli elargiscono un'idea che è la soluzione dei suoi problemi.
Torna indietro e prova a sollevare un fermaombrellone del bar vicino chiuso, ci riesce con fatica, barcollando si avvicina al negozio che stava guardando, solleva il fermaombrellone lentamente sopra la testa sudando dallo sforzo e lo lancia contro il vetro, che si sfascia in mille rumorosi pezzi.
Corre via, riparandosi dietro un cassonetto a fianco del bar.
Trascorrono i secondi che diventano minuti, non si sente un rumore, tutto inerte, si può uscire allo scoperto.
Pierluigi entra veloce attraverso il pertugio nella vetrina sfondata, arraffa un paio di parrucche, rossetti, intimo femminile, scarpe, abbigliamento e accessori vari, trova un telo di plastica verde grande, lo stende a terra e mette tutti gli oggetti presi sopra, solleva gli angoli e diventa come un sacco enorme che si mette sulle spalle uscendo in velocità, corre, apre il baule dell'auto, mette dentro, sale, parte, via.
Esce dalla zona portuale, va verso la tangenziale, si mette a fianco in una strada d'accesso in salita sotto un lampione, scende e si spoglia completamente, apre il baule e estrae gli oggetti, si mette un reggiseno imbottito, l'abbigliamento femminile, una parrucca bionda, le scarpe col tacco e si trucca guardandosi piegato nello specchio retrovisore esterno. Rimette i vestiti tolti nel baule e sale.
Prosegue accedendo alla tangenziale e si ferma alla prima area di sosta.
Scende sculettando con una borsetta che ha riempito di fazzoletti di carta e preservativi cinesi, si sente felice in questa sua nuova versione, con una sensazione di libertà sessuale e di gioia per l'idea geniale avuta, che gli farà avere i soldi desiderati.
Passa qualche camion, uno suona, ma tutti proseguono.
Arriva una macchina, comincia a rallentare e accostare, si ferma pochi metri dopo, Pierluigi si avvicina ai vetri che scendono, "Ciao belli" tenta di dire con voce più femminile possibile.
"Quanto vuoi per succhiarci entrambi i cazzi?"
La voce ricorda Muso di Merda, il volto che appare al finestrino ricorda il suo, il volto dell'autista ricorda quello dello Scagnozzo, infatti sono loro si accorge, raggelando.
"Cento euro" balbetta.
Veloci scendono, sono già appoggiati alla fiancata dell'auto entrambi, abbassano pantaloni e mutande, due cazzi mosci guardano a terra, due facce da cazzo lo guardano in faccia, non se ne accorgono che è lui, per fortuna non lo riconoscono, si china, inizia a menarne uno per mano e a succhiarne la punta avvicendandoli.
Ma sanno da piscio e stanno mosci, gli vengono degli sforzi di vomito che faticosamente riesce a calmare, continua impegnandosi, loro zitti, lui suda, cominciano a muoversi, a crescere, uno s'irrigidisce, anche l'altro, continua dimenticando tutto e concentrandosi sui cazzi altrui, ansimano, "Dai troia, brava così" sono parole che gli fanno un certo piacere, ogni lavoro se viene apprezzato dà una soddisfazione che ti rimane dentro.
Poco dopo arrivano anche i  ringraziamenti liquidi biancastri, uno si stampa sulla faccia, l'altro dopo qualche secondo arriva sullo scollo del vestito, Muso Di Merda gli strofina il cazzo sborracchiato sul viso e sulla fronte sporcandolo tutto di sperma, mentre lo sperma dello Scagnozzo venuto sul vestito sta colando nel reggiseno e ora si sta pulendo la cappella con i capelli finti di Pierluigi.
Muso sta già riabbottonandosi i calzoni.
L'unica fortuna è che non mi hanno riconosciuto, si dice Pierluigi.
Sono rivestiti tutt'e due mentre lui sta ancora pulendosi il viso e i capelli con i fazzolettini di carta.
Appena finito gli arriva un tremendo schiaffone sulla guancia.
"Volevi i cento euro? Invece avrai cento schiaffi per essere in una zona che è per le nostre troie".
E giù schiaffi a non finire, alcuni calci , qualche rumoroso pugno sulla schiena.
Coricato sull'asfalto, dolorante e col viso sanguinante sente che salgono sull'auto e prima di andarsene dal finestrino Muso gli dice:
"E ricordati che fai una brutta fine se non ci caghi i soldi entro dopodomani sera".




domenica 25 agosto 2013

291 - Infine

La morte
arriverà
alla fine dei sogni
la incontrerai
dopo la tazza del caffè al mattino
al primo buongiorno
detto senza pensarlo.

290 - Futuro

Vedo dei giovani che mi passano davanti.
Vanno a scuola, con i vestiti imposti dalla moda, con costosi zaini ripieni di costosissimi libri di merda secca.
Discorsi da idioti svolazzano quando passano.
Poi ne vedo uno da solo, attardato, insofferente cammina calciando le lattine, sigaretta in bocca, vestito diverso dagli altri, con un vecchio zaino verde militare; e vedo me, come con la macchina del tempo, sono io decenni fa, identico.
Penso che se avessi un figlio sarebbe così, o forse non mi assomiglierebbe e sarebbe uno stronzo che mi accoltella se non gli compro l'iPhone8.
Fanculo anche i figli.
Spero solo nei tipi solitari, diversi dagli altri.
La speranza per un domani è in uno zaino non omologato al gruppo, è in un non ci sto controcorrente, è in ogni sguardo insofferente alle imposizioni.


giovedì 15 agosto 2013

289 - Un blasfemo

Un blasfemo
Una suora morta mi suona alla porta di casa, è piccola e vestita di nero, il cane abbaia impaurito, non apro, allora comincia a prendere a pugni la porta, dei pugni con un energia mai vista, botte che sconquassano la porta con rumori cupi che sembrano il richiamo dell'oltretomba e che fanno tremare il muro in mattoni.
Ha solo la pelle che ricopre lo scheletro, in alcune dita la pelle non c'è più e si vede l'osso, il viso è marron scuro che sembra bruciato e in alcune chiazze si vede il teschio sottostante, urla minacciosa "Dov'è Andreas Finottis, devo parlargli", io vedo la scena che sono fuori di casa, passo i cespugli che costeggiano l'orto, col cane che si nasconde dietro di me abbaiando, mi avvicino e le chiedo cosa vuole da Andreas Finottis.
"Voglio fargliela pagare perché parla sempre male della religione, è un blasfemo", e dicendo così mi punta l'indice contro con solo l'osso che mi indica, comincia ad avvicinarsi correndomi incontro per trafiggermi con l'osso del dito, mi volto e scappo via.
Corro a perdifiato, corro col cane che mi segue tenendo la coda tra le gambe e cainante dalla paura, corro, ma la sento dietro che si avvicina, corro più forte possibile, ma non ce la faccio più, sudo e sbuffo, non ce la faccio, mi fermo ansimante, mi porto le mani sul volto, le tolgo aprendo gli occhi, e vedo la lampada accanto al divano, la radio è accesa sintonizzata su radiodue, mi sollevo e guardo l'orologio digitale, 03.52, il cane mi guarda scodinzolando sdraiato sul tappetto, mi sono addormentato e ho avuto un incubo, la suora morta mi ha spaventato, mi rilasso.
In quel momento scatta l'allarme nella casa vicina, continua a suonare, prendo un coltello dalla credenza e spengo la lampada, sollevo piano le persiane per guardare, non c'è nessuno, sembra che sia stata una cosa invisibile a far suonare l'allarme.
Sono le 4 di notte, l'ora dei ladri e dei fantasmi, e svegli ci siamo solo io, il cane e la suora morta, ma se ha fatto suonare l'allarme è sia fantasma che ladra.
Mai fidarti dei fanatici religiosi, neanche se son morti.

giovedì 8 agosto 2013

288 - Piove merda

La merda cade
sui tuoi perché
sulle tue domande
sulle tue ansie
sulle tue incertezze
la merda è sui tuoi dubbi
e sulle tue paure,
merda e rimerda solo per te
che lotti disperato
ma è ovunque
ti circonda
ti assale ogni momento
vuole insinuarsi dentro
vuole trasformarti
in un altro
essere normale.


domenica 4 agosto 2013

287 - Incompresa

In un periodo ero convinto di morire a breve tempo, così avevo scritto questa poesia che pensavo fosse un capolavoro, in cui ci fosse racchiuso tutto il significato dell'esistenza umana, il segreto senso della vita, e se morivo leggendola avrebbero detto "Che artista purtroppo abbiamo perso!":

luce
vita
abbagli
incompresi

Poi un giorno da ubriachi la feci leggere a degli amici e mi dissero tutti che faceva cagare.

venerdì 2 agosto 2013

286 - Il vizio del gioco

Aveva vinto!
Le persone intorno lo guardavano  sorridendo felici, lui tirò un sospiro di sollievo, per non palesare la sua emotività trattenne faticosamente la voglia di gridare dalla gioia e ritirò con un freddo sorriso i soldi dal tavolo, erano una bella cifra che gli faceva comodo.
Ora poteva pagare le tasse e le bollette in sospeso, sistemare i denti del figlio più grande, cambiare le gomme dell'auto, sistemare le mille spese che assillano qualsiasi normalissima famiglia; per cui devi trovare una maniera per avere dei soldi altrimenti c'è la fame, la disperazione, l'accattonaggio e forse neppure quello perché c'è concorrenza anche lì, con la nuova povertà diffusa ovunque.
Pensò che gli servivano altri soldi, doveva continuare, la macchina avrebbe potuto cambiarla prendendone una nuova che aveva visto veniva venduta con una vantaggiosa promozione, avrebbe potuto permettere ai figli di studiare all'università, avrebbero finalmente potuto farsi una bella vacanza al mare che il figlio più piccolo sofferente spesso di bronchiti ne aveva bisogno, e anche altre spese chiamate superflue ma divenute necessarie se si vuole avere una vita un minimo dignitosa, e non c'è più uno Stato che ti permette di vivere anche con un reddito basso o precario, devi arrangiarti, credere in te stesso e crearti nuove opportunità di guadagno, "Dovete reiventarvi" aveva detto l'esperto del programma domenicale, bisognava mettere in pratica le proprie abilità, e lui ci era riuscito, era portato per il gioco.
Decise di farsi un altro giro, se lo sentiva che la fortuna era dalla sua parte, l'istinto gli parlava
Puntò nuovamente alla roulette.
Pensava ai soldi fruscianti con cui avrebbe finalmente sistemato le sue necessità, col lavoro non riusciva a vivere, doveva avere quei soldi, doveva, era convinto che se una cosa la desideri fortemente si avvera, e lui la desiderava, la visualizzava, se li immaginava già in mano, mentre li contava, li sentiva come fossero lì.
Intanto l'ingranaggio della roulette si accingeva ad entrava in funzione.
Il sudore della fronte tradiva la sua emozione, il desiderio di sistemarsi era troppo forte da contenere.
Ecco che era iniziato.
Il meccanismo stava girando, si sarebbe sistemato per sempre, se lo sentiva.
All'improvviso non vide più niente, buio completo.
La gente lo guardava a terra più contenta di quando aveva vinto, con gli occhi felici di chi aveva goduto dello spettacolo tanto desiderato.
Un astante commentò con un altro: "La roulette è un gioco che può rovinarti, soprattutto se è russa".
Risatine generali con i cocktail in mano, mentre il cadavere veniva portato via dagli inservienti.


martedì 30 luglio 2013

285 - MITRAGLIATE DEMOCRATICHE

Sono un semplice soldato.
La mia mitragliatrice spara.
Pezzi di carne degli abitanti del villaggio saltano nell'aria,
schizzi di sangue colorano il paesaggio
astratti motivi rossi sui muri bianchi.
Continua a sparare,
senza fare differenze:
uomini, donne, vecchi, bambini.
Tutti sono uguali nella sorte,
la morte è democratica
e la mitragliatrice la consegna
con spedizione ultraveloce di piombo.
Nemici del progresso pagate questo biglietto
per entrare nella democrazia del mondo degli spot,
un giorno mi ringrazierete;
la felicità di consumare vi pervaderà
facendovi dimenticare i morti.
E alle persone tristi e noiose, che non rideranno
e ancora piangeranno,
potrò dire che ho solo obbedito agli ordini.
Credo nel mio presidente, obbedisco al mio governo
e combatto per la mia patria.
Faccio sempre il mio dovere, senza pensarci su.
Sono un democratico.
Sono un semplice soldato.


domenica 28 luglio 2013

284 - Non sono

Non sono un poeta
sono
un vomitatore di parole
un defecatore di pensieri
e dopo starò meglio,
mentre tu viandante che mi leggerai,
grazie ai miei escrementi mentali,
sarai più confuso di prima.
Se cerchi certezze
le trovi nella morte
e nei tg della sera.


mercoledì 24 luglio 2013

283 - L'IMPICCATO

Ballava l'impiccato, ballava sotto la pioggia, appeso al lampione nella notte.
Il mattino dopo vedendo una sagoma immobile appesa al lampione molti pensarono a una nuova iniziativa del comune, per festeggiare l'imminente Santo Natale con idee simpatiche e divertenti.
Ma a qualcuno sorse un dubbio e allertò le forze dell'ordine.
Scoprirono che era un extracomunitario, probabilmente vittima di qualche regolamento di conti; non aveva parenti né amici, nessuno avrebbe pagato il funerale.
Non sapevano che fare, dove metterlo.
Il sindaco ebbe l'idea di vestirlo da Babbo Natale e riappenderlo dove l'avevano trovato, in attesa di una soluzione.
Sono passati molti anni e nei giorni ventosi le ossa dello scheletro del penzolante Babbo Natale sbattono contro il lampione.
Però la gente non si lamenta, anzi si è affezionata a quella sagoma e i bambini lo trovano divertente.

domenica 21 luglio 2013

282 - BRUCIAMO

Brucia tutto, brucio, e continuo a guardare come fosse un film.
Dovrei scappare correndo all'impazzata, fuggire il più lontano possibile, cercare altri dove, altri come, altri perché.
Il suolo è corrosivo, il cibo e l'acqua e l'aria mi corrodono, le persone corrodono, questa vita corrode.
Resto, mi aggrappo a un filo d'aria, un filo inanellato di speranze disperate, verso orizzonti ciechi immaginati.
Ho una tavola, una credenza piena di piatti e pentole, ci sono alcune sedie di paglia su cui sedermi, ma non mi siedo quasi mai, vago come un leone in gabbia, chiuso nel mio recinto, ho il necessario per sopravvivere, per il momento se me lo chiedi posso dire che sto bene; ma sto bene per te, perché devo entrare nel tuo linguaggio-pensiero, ma non sto bene, non per me.
Non starà mai bene una bestia chiusa in gabbia, e io non riesco a vivere solo per sopravvivere.
Mi spengo, lentamente, come non avrei mai voluto, contro ogni mio principio esistenziale.
Sono un vecchio leone del circo che compie depresso gli esercizi dovuti, per avere in cambio la razione di carne, gli spettatori apprezzano ciò che temono piegarsi alle loro regole, rassicurati e un po' annoiati dalla loro superiorità in quanto inseriti nel sistema dominante.
La concretizzazione della morte in vita è nell'assistere passivamente a questa distruzione, spettatori di uno spettacolo programmato altrove.
Bisogna smetterla di assistere, bisogna entrare nella scena, appropriarsene, mangiare il domatore, spaccare l'obiettivo, sfondare ogni ostacolo che ci recinta.
Ma la paura di perdere la nostra razione regna sovrana, ci aggrappiamo alle briciole di benessere sapientemente gettateci con palesata generosità da chi si strafoga nelle ricchezze, anche un lavoro da sfruttato che ti fa vivere nell'angoscia, che non ti fa arrivare alla fine del mese, che ti ammazza ogni giorno, diventa il traguardo, il massimo a cui agognare.
Ogni qualvolta spengo la mia nuova abat-jour made in China entrando senza sogni nel buio muoio.
E i "buongiorno", i "che bel tempo oggi" del giorno dopo saranno le ennesime coltellate reciproche ai nostri cadaveri ambulanti.
Ci siamo rintanati impauriti nelle pieghe delle nostre menti, e spiamo la vita ben nascosti e ben morti.
Solo quando intrecciamo le lingue, i corpi e i respiri sembra di rivivere per alcuni attimi.
In cattività ci permettono di riprodurci.


281 - IMPOSIZIONI

Sperate nello sperma,
credete in un Cristo,
sparate al diverso,
bevete le disperazioni,
fumate le illusioni,
iniettate le delusioni,
sniffate le aspirazioni,
impasticcate le emozioni
e cagate voi stessi tra la folla.


giovedì 11 luglio 2013

280 - Perdendosi

Siamo scariche elettriche
che animano carni
programmate per andare avanti,
sempre,
ma ci affezioniamo.
Poi qualcuno
e qualcosa manca
non c'è più
ti senti perso
ti perdi
vai avanti a pezzi
arranchi
solo col tempo rimargini le ferite
vivendo, proseguendo.
Siam fatti così
per perdersi e ritrovarsi
fatti per esser fatti di qualcosa
per correre verso quella cosa
nulla sarà mai
come si immaginava
delusioni da illusioni
nei pezzi di sogni rotti
noi infranti da mancanze
all'alba di una nuova meta
ripartiamo
per cancellarci il passato
per deluderci in futuro
per un minuto migliore
adesso.


domenica 7 luglio 2013

279 - Mercoledì sera

Due persone immaginano un lampadario inesistente in una lampada appesa al filo che illumina la camera da pranzo in garage.
Due vite di fronte, un matrimonio, quarant'anni assieme e oggi è l'anniversario. Spenti gli sguardi, spente le vite, quando si sono spente le speranze.
Due occhi verdi guardano dentro altri due azzurri, ricordando quando ci vedevano foreste rigogliose di vita e oceani che si aprivano innanzi, quando c'era un futuro. Ultimi soldi delle pensioni minime nei piatti della cena.
Dal vecchio televisore il presentatore, milionario e abbronzato, sorridendo dice al concorrente che ha perso: " Coraggio, hai una moglie che ti vuol bene, i soldi non fanno la felicità, il vero amore invece sì".
Applausi scroscianti del pubblico ammaestrato.
Le illusioni finiscono in qualche lacrima che cade nei piatti.


mercoledì 3 luglio 2013

278 - poeti

che 2 (due) palle i poeti aspirantisuicidi,
io voglio una poesia violenta, reale,
che spacca le teste come una mannaia
che distrugge cose e case,
di poeti che si cagano e/o si piangono addosso ne sono piene le prime classi dei licei,
usciamo dagli stereotipi dei luoghi comuni
ruoli di comodo predeterminati da altri per noi,
mandiamo affanculo tutto
altrimenti diventiamo utili marionette
poeti sniffascorregge che si beano nei loro paroloni desueti
o poeti aspirantisuicidi maledetti con oltre un secolo di ritardo che vivono in un'ingenua subcultura creata da vecchi miti per giunta male interpretati.
- IO VOGLIO SPACCARE I CULI  / IO VOGLIO APRIRE I CERVELLI -


sabato 29 giugno 2013

277 - Infinito in un attimo

Estate di un tempo
in dilatati momenti
teiere d'argento e velieri nel vento
tranquilli sciacquii sui legni
parole sorvolano superfici statiche
solidi oggetti ancorati alla loro epoca
esistenze li accarezzano e scorrono
illudendosi lente
scivolando veloci
nessun freno.
Venti e oceani continuano.


martedì 25 giugno 2013

276 - il rappresentante



Apre la porta, è un rappresentante di aspirapolvere che aveva suonato.
"Non mi serve niente!" 
"Ma signora non sa ancora cosa volevo dirle."
"Ha una targhetta sulla giacca con scritto Apirapolveretop e quindi non mi serve niente."
"Ma questa targhetta è solo per non dare nell'occhio se entro nei condomini, in realtà sono un rapinatore e il bozzo che vede dalla tasca della giacca è una pistola che le buca la topa se non mi fa entrare."
Lei atterrita indietreggia, lui con decisione entra spingendola e chiudendo la porta. 
"Non ho soldi, non mi faccia del male."
"E chi vuole i soldi, io voglio corpi."
Lei impietrita lo osserva: calvo, alto, magro, completo di cotone beige con camicia azzurra e cravatta blu, occhi inquietanti, completamente neri.
"Non aver paura, ti farò star meglio e non ricorderai niente di questo incontro." Estrae una strana pistola nera con delle luci rosse intermittenti e gliela punta alla fronte, uno strano rumore e poi il silenzio. 
Lui esce dall'appartamento con la sua valigetta, mentre scende le scale pensa a quel corpo in cui aveva inoculato il ricettore, era bello, avrebbe potuto farci un giretto se non fosse serio sul lavoro, comunque era l'ultima, con lei aveva finito tutto il condominio, tutte le inquiline avevano il ricettore, i loro corpi erano a disposizione per percepire gli ordini impartiti dal telecomando, quest'anno con tutti quei nuovi corpi a disposizione, nonostante gli scandali, il sindaco sarebbe stato rieletto.

lunedì 17 giugno 2013

275 - 32 pollici di testa

Un dito in culo e uno sul telecomando,
è tutto quello di cui avete bisogno
per essere felici
nella democrazia dei grattaevinci.
Girate col Suv in debito
fingendovi ricchi e deridendo i poveri.
Sogni di gloria e di successo per tutti gli schiavi consenzienti.
Baciate i genitali ai vostri superiori,
prendete a calci nello stomaco chi soffre la fame,
e vi rilassate alla sera,
felici e contenti, mentre ridete a comando davanti alla tv.
La merda è con voi e col vostro spirito.
Andate affanculo.
Amen.

martedì 11 giugno 2013

274 - DUE GIACCHE

Con la bella stagione ho due giacche da mettermi, prese in svendita, una beige sportiva in cotone pagata 9,90 euro e una più classica a quadri grigi e blu in lino pagata 14,90 euro.
Quando me le metto mi sento un benestante. Sono un'isola di benessere in un mare di miseria.
Non ho soldi per aggiustare la macchina, per pagare le bollette, per comprarmi quello che voglio da mangiare. Ma ho le mie due splendide giacche.
Mi fanno pagare l'Irpef, l'Imu, mi fregano metà stipendio e pago più del doppio la benzina, ma se penso alle mie due giacche sento che c'è ancora del buono al mondo.
Credo che se non le avessi mi ribellerei a tutti i soprusi che devo subire.
Combatterei tutte le angherie.
Invece ho le mie giacche, potrei strapparmele, potrei perderle.
Tutto passa in secondo piano quando difendi disperato una briciola di benessere.



giovedì 6 giugno 2013