Se apprezzate e volete offrirmi una birra o una pizza, vi ringrazio immensamente:

domenica 21 ottobre 2018

681 - PEDALANDO, CERCANDO UN SENSO ALLA VITA

Mi piace andare in bicicletta lungo strade desolate, all'alba o al tramonto.
Mentre cambia il giorno in notte o viceversa e non c'è nessuno all'orizzonte.
Ci sono solo la mia vita temporanea e l'universo eterno.
Capisco con estrema chiarezza quello che sono. Sono un qualcosa di indefinito, che anima un essere vivente vagante senza senso, in una infinitesima parte di una smisurata immensità.
Il peggior difetto che ho è che non accetto la morte, mi sono sempre chiesto fin da bambino dove finiva quello che c'era nel cadavere del mio gatto morto schiacciato da un'auto, mi sembrava un'altra cosa quel cadavere rigido, più pesante, diverso, senza il mio gatto dentro.
Poi successe anche con le persone.
Non credo in niente, ma credo che quelle vite svanite siano dentro di noi, restiamo in ciò che abbiamo dato agli altri. 
Nelle parole, nei gesti, nei momenti che sono rimasti impressi nella memoria di chi ci ha conosciuto. Poi scompare anche tutto questo, insieme alla vita di quelle persone che erano rimaste o di quelle successive, alle quali era arrivato qualcosa di noi.
Siamo parole scritte sul bagnasciuga dell'oceano spaziotempo.
Parole che si scrivono solo con gesti di altruismo.
Chi vive pensando solo a se stesso, egoista, chiuso, sarà dimenticato come uno stronzo malcagato, in una vita sprecata, sulla quale tirare lo sciacquone e dimenticare così al più presto la sua inutile o, peggio, dannosa esistenza. 
Mentre chi continua oltre la sua esistenza, a vivere in quanto di buono ha dato, la sua sarà stata una vita degna di essere vissuta.
Perciò voliamo sempre più in alto possibile con il pensiero.
Più in alto di ogni barriera, confine, razza, religione, possesso.
Giriamo a piedi o in bicicletta senza sporcare, senza far rumore, in armonia con l'universo tutto. Essendo rivoluzionari spietatamente gentili con i bisognosi di qualcosa, da lasciare dentro loro. Trasformiamo i nostri momenti vissuti in multicolorati coriandoli, evanescenti, di eternità.
Ricordandoci sempre di vivere senza farci troppi pensieri. Guardando con occhi sempre capaci di stupirsi ciò che ci circonda, senza farsi assorbire dalle sabbie mobili delle abitudini.
Però io, adesso che ho scritto questo, sento un fortissimo impulso di cancellarlo che fatico a trattenere; vorrei almeno sporcarlo con parolacce o battuttacce che lo rovinino. Non mi piace rileggermi e sembrarmi un defecatore di sentenze, che crede di aver capito tutto dell'esistenza umana, salendo su un piedistallo per spiegare come vivere a gente che nemmeno conosce. 
Preferisco, come dicevo, percorrere luoghi solitari immerso nel silenzio e osservare.
Stasera ho visto un cavallo bianco libero, è scappato dal recinto ma dopo pochi metri si è messo a mangiare l'erba dell'argine del  fiume, tornando non c'era più, lo avranno ripreso; un'altra sera è successa la stessa identica cosa, ma era un cervo scappato da un allevamento lì vicino, anche lui si è fermato a mangiare, anche lui lo hanno ripreso subito e non c'era più al ritorno.
Pensando a loro che sono tornati prigionieri lascio ciò che ho scritto, mi sembra di aver scritto un giro fuori dalle convenzioni del mangia e caga, del solo vivere concreto senza elucubrazioni mentali.
Anche a essere troppo concreti ci si frega, si finisce chiusi nei recinti.


Foto di Andreas Finottis



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.