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giovedì 24 luglio 2014

359 - morti programmate

Tagli nella carne segnano il tempo
mentre
i furbi topi di fogna sopravvivono al meglio
mentre
le ingenue persone fanno vite monotone e morti atroci.
Io vivo solo ricordando
quando c'era ancora una vita
si trovava:
nell'ombra degli alberi lungo i fossi pieni di rane
nel profumo di castagne arroste dalla cucina a legna
nella benzina infiammata tra i vetri rotti dei cortei
nella rabbia di mio padre davanti alle ingiustizie che subiva
nell'ascoltare i dischi in vinile in compagnia
e in tutte le albe ubriache di storie.
Ora invece stiamo dentro i monitor
anche quando ci baciamo.
Però l'altra notte
il sapore della tua figa che leccavo
mi ha fatto ritrovare la vita
per quasi un'ora
ma l'ho ripersa
quando mi hai chiesto
dove andiamo domenica prossima.


martedì 22 luglio 2014

358 - NO WAR

Certi scrivono versi per fermare i massacri
ma i massacratori se li attaccheranno al cazzo
e massacreranno ancora
come prima, forse più di prima
poiché se era una poesia di merda
li avrà fatti incazzare di più.

Le intenzioni di chi vuole fermarli
son buone ma non servono
è sbagliato pensare
che prendano coscienza dei loro crimini
già lo sanno che massacrano innocenti
e proprio per quello provano più gusto.

L'uomo è un merda umana
nel 90% dei casi,
è una merda
che farebbe a pezzi i propri genitori
per 4 cerchioni in lega
o a pezzi la moglie
se si stanca d'essere la sua
bambola gonfiabile/robot da cucina
o a pezzi i figli
se non sono come vuole lui,
e incurante fa a pezzi il mondo
per soldi e potere.

Niente può fermarlo
finché mangiando
e bevendo i prodotti delle pubblicità
stronzi e passivi guardiamo
lo spettacolo di soprusi quotidiani
degli arroganti in divisa e non,
degli arrivisti disposti a tutto,
degli speculatori arricchiti,
e ogni ingiustizia che ci circonda.

Sereni e rifugiati in casa
lodiamo i film americani
in cui ammazzano tutti
ma poi se succede veramente
scriviamo poesie per fermarli,
così possiamo tornare tranquilli
a fare gli stronzi.


lunedì 21 luglio 2014

357 - I zorri

I zorri erano un gruppo di amici di paese, appassionati di moto ma con lavori precari e pochi soldi.
Si presero delle moto custom in debito e fondarono un club motociclistico, la casa in cui stabilirono il club era una vecchia casa a due piani abbandonata che si trovava all'inizio della via principale del paese, era inabitabile con l'intonaco scrostato e i balconi in legno sbilenchi, era della nonna di uno di loro morta da tempo, riuscirono a fregare del colore al vecchio della ferramenta e dettero una mano di colore bianco alla casa, anche ai balconi e alle pietre che sbucavano da sotto l'intonaco. Crearono uno striscione e una bandiera giganteschi,  con lo stesso identico disegno da pirati: un teschio bianco con le ossa incrociate su sfondo nero, la scritta ZORRI campeggiava sopra. Lo striscione lo fissarono alle vecchie grondaie del club e ricopriva completamente il primo piano della casa, mentre la gigantesca bandiera la issarono su un palo più alto dei lampioni.
Nelle serate ventose si vedeva questa enorme bandiera nera da pirati che sventolava sopra le moto nere, nuove fiammanti, parcheggiate ordinatamente nel cortile.
Loro li vedevi in fila davanti al muro della casa sotto lo striscione, seduti su delle sedie di plastica bianca ingiallita, che aveva scartato un bar, da una radio a tutto volume suonavano vecchie canzoni classiche da biker, da Born To Be Wild a Sweet Home Alabama, e facendo le faccia più trucida possibile passavano la sera a bere birre prese in svendita al discount e a guardare le moto.
Con l'approssimarsi della scadenza delle rate delle moto le facce diventavano ancor più inferocite, ma avevano degli occhi rassegnati e commossi, come se avessero pianto fino un minuto prima, sembravano dei feroci ghepardi che fossero appena stati sodomizzati.
Cominciarono a diradarsi le moto e a comparire in un angolo, seminascoste, vecchie biciclette anche da donna, prese a qualche mamma o nonna.
Allora alcuni di loro ebbero un'idea per non rinunciare alle moto: fare una rapina a un ufficio postale.
Cominciarono a informarsi per farla, vennero in contatto con Ciro "Cirrosi" un ex guardiano alcolizzato cacciato dal lavoro perché considerato un ritardato mentale, ma era pieno di armi in quanto viveva trafficando, per cui li rifornì e li convinse che con la sua esperienza poteva progettarla lui la rapina nei minimi dettagli, in cambio di una parte del ricavato. Accettarono.
Presero una grossa Bmw bianca in noleggio e scelsero come ufficio da rapinare quello del paese, in piazza, a 500 metri dalla sede del club.
Andarono verso mezzogiorno e mezzo, in cinque zorri sul Bmw, uno rimase in auto col motore acceso, si alzarono i fazzoletti sul volto e in quattro entrarono dentro l'ufficio postale, due zorri con dei fucili Remington 870 a pompa si misero ai due lati interni della porta, con i fucili puntati sui clienti, gli altri due zorri con pistole semiautomatiche Berretta 92 andarono verso gli impiegati, parlando in un italiano stentato, fingendo d'essere stranieri.
Erano i primi giorni del mese, pieno di anziani andati lì per ritirare la pensione, ma invece di spaventarsi sembravano divertiti e incuriositi dell'accaduto, una novità che movimentava un po' la monotonia di paese, cominciarono a fare commenti, una vecchia cominciò a dire alle amiche: "Guarda quello lì, ha un giubbotto identico a quello di mio nipote, guarda, anche gli stivali sono uguali".
Era veramente suo nipote.
Scapparono fuori con i soldi e fuggirono in auto. Si fermarono poco furori del paese a nascondere i soldi e le armi dentro un tombino della rete fognaria, come progettato dal Cirrosi.
Poi tornarono a girare per il paese e a fare sgommate col Bmw, avevano il noleggio pagato fino al giorno dopo.
Dopo tre ore circa li avevano già arrestati tutti, compreso Cirrosi, e recuperato i soldi con le armi.
Si presero tutti una bella dose di anni di galera, un paio tornarono sieropositivi, non si sa se per iniezioni o sodomizzazioni, pare entrambe.
Sparirono tutti, anche il club venne demolito e al suo posto ora sorge una palazzina con tanti miniappartamenti.
Quando passo per lì cancello con la mente la palazzina nuova e immagino ancora il club dei zorri con bandiera e striscione, sorrido malinconicamente e proseguo pensando che la colpa è proprio di Zorro.
Voglio dire, era alto quasi due metri, più di tutti,  con un tipo di baffi che ce li aveva solo lui così in tutto il villaggio, si metteva una mascherina e non lo riconosceva nessuno, neppure se sentivano la voce; e di lavoro non faceva un cazzo tutto il giorno ma aveva sempre soldi.
La gente si illude, soprattutto i bambini che crescono pensando che basti un mascherina per non essere riconosciuti e vivere felici.
Invece i guai ti sanno trovare dietro a tutte le maschere del mondo, specialmente se resti fermo in un posto di poche persone; un bersaglio fisso è più facile da centrare di un bersaglio mobile.








venerdì 18 luglio 2014

356 - In quello che scrivo

Sento le mie parole.

Girano nella mente per giorni, certe per anni.

Si assemblano dentro, a modo mio,
poi escono
nella maniera che mi rappresenta.

Magari non piaceranno ad altri
ma per me sono importantissime
essendo parole/pezzi di me
non m'interessa se sembreranno
una poesia o un racconto o una filastrocca,
non me ne frega niente della forma
e dei commenti della gente.

M'interessa solo che siano specchi
dei miei pensieri
in cui trovarmi
quando mi perdo.

sabato 12 luglio 2014

355 - Amici d'infanzia

Lucertole immobili sul muro a prendere il sole, tranquille e beate.
Arrivava lui, le prendeva, gli infilava un petardino in bocca sfondandogliela, lo accendeva e le liberava sul marciapiede con il petardino acceso tipo un grosso sigaro.
Esplodeva.
Morivano dibattendosi agonizzanti e lui rideva come un demente.
Gli dicevamo che è un gioco idiota, ma era il suo preferito e continuava a farlo.
Poi crescendo ha smesso, ma è diventato fascista.
Il rock diceva che è musica da drogati, ascoltava compilation di Sanremo, Baglioni e i Pooh; se vedeva un'africano lo chiamava negro di merda; se uno aveva i capelli lunghi diceva che era da froci.
Si è sposato a 19 anni.
Ci siamo persi di vista e se lo vedo non lo conosco.