Se apprezzate e volete offrirmi una birra o una pizza, vi ringrazio immensamente:

martedì 31 gennaio 2017

615 - POESIA E SOCIAL NETWORK

La poesia sui social  è un mondo a parte, che si regge sul consenso reciproco, ma fuori dal cortile che si creano svaniscono quasi tutti.
Restano solo le parole sincere.

domenica 29 gennaio 2017

614 - THE RIVER

Tra le canzoni migliori di tutti i tempi metterei "The River" di Bruce Springsteen.
Magari è come con le altre canzoni che si preferiscono, ci piacciono in modo particolare per i ricordi personali che si portano appresso, ma questa mi pare anche ascoltandola obbiettivamente che sia indiscutibilmente meravigliosa
Si tratta di una canzone adatta a percorrere miglia e miglia nella notte, a bordo di una grande e comoda automobile lanciata lungo qualche highway americana, circondati da scenari naturali.
Mentre nel mio caso ricordo che eravamo su una piccola Nsu Prinz beige di un mio amico, nella notte, ma lungo strade provinciali, con un impianto stereo che lo aveva fatto diventare mono, in quanto aveva comprato due altoparlanti Pioneer scontatissimi, perché uno non funzionava.
Giravamo per ore nella notte, abbastanza sconvolti, su questa auto minuscola, lui alla guida e io a fianco, con la mano mi reggevo a una maniglia che c'era sul cruscotto dal lato passeggero, come se facessimo i 200 all'ora, quando invece facevamo al massimo i 60 all'ora. Era un'auto comoda nonostante le dimensioni, con dei sedili ben imbottiti. Trovavamo anche spesso da accoppiarci in posti sperduti, paesini dimenticati da Dio e dagli uomini, spersi tra la pianura padana e il mare, in cui arrivavamo alla sera su quest'auto da cui si vedevano a bordo due nasi tra i capelli, in quanto avevamo i capelli lunghi entrambi, anche sul volto, da cui spuntavano i nostri due nasoni, uno più grande dell'altro. Lui assomigliava un po' al chitarrista degli Who, Pete Townshend, mentre io con quei capelli e gli occhiali tondi in quel periodo mi dicevano che assomigliavo un po' a John Lennon, altre volte al tastierista dei Doors, Ray Manzarek.  Io ero più influenzato dal punk rock e dai nuovi suoni new wave, mentre lui era più portato per il rock blues più classico dei miti del rock, ma Led Zeppelin, Who e Rolling Stones piacevano ad entrambi, poi Motorhead e AC/DC, però in quel periodo c'era The River quasi fisso sullo stereo mangiacassette. Faceva da contrappunto alla nostra allegra demenza, da sottofondo per le riflessioni serie, ci ricordava la malinconia del vivere e l'energia della ribellione che faceva fuggire dalle convenzioni, era un socialismo rock incarnato nel Boss, che stava dalla parte di chi aveva problemi, dell'altra America, quella gente con i problemi comuni, vagante per le strade che attraversava le zone buie degli esclusi da quel sogno americano creatore di illusioni patinate, per spingere la gente a consumare fino a consumarsi per raggiungerle, no, il Boss ti diceva che vai bene anche tu con la tua normalità, non sei un perdente bensì una persona reale e lui era con te, ti capiva, si sgolava cantando le nostre canzoni, era la colonna sonora giusta, si esibiva in concerti interminabili, senza risparmiarsi, un vero operaio del rock, un operaio miliardario d'accordo, ma perlomeno lo percepivamo meno stronzo e più simpatico di molti altri.
In ogni caso noi attiravamo l'attenzione in quei luoghi dispersi, vestiti strani e con i capelli lunghi,
facevamo anche degli atti comici, per esempio se c'era la strada che conduceva alla piazzetta del paesino che scendeva dall'argine fino alla piazza e poi la strada proseguiva risalendo sull'argine, lui  scendeva dalla discesa con il cambio in folle e proseguiva per inerzia la corsa sulla strada che saliva, finché l'auto si fermava e accelerava in folle, sembrava che l'auto non ce la facesse a salire, metteva la retromarcia e scendeva facendo il giro della piazza in retromarcia; oppure se c'erano delle buche sulla strada fingevamo che stesse per esplodere l'auto, mettendoci le braccia davanti al volto; eravamo una specie di Freak Brothers che facevano i pagliacci, attirando le risate e l'attenzione dei giovani del luogo, facendo facilmente amicizia attaccavamo discorso con le ragazze che c'erano ed erano il nostro vero obbiettivo, poiché il fine era divertirci e fare sesso, il più possibile.
In vita mia non ho più visto uno abile come lui a smutandare le ragazze appena conosciute, dopo neanche mezz'ora con una che non aveva mai conosciuto prima, mentre si parlava, cominciava a limonarla e rovistarle nelle mutande, in mezzo a tutti, senza appartarsi, pochi minuti dopo magari gliela stava leccando, è capitato anche su una panchina in mezzo alla piazza del paese, con la gente che passava e guardava, ma la tipa era tutta presa e non se ne curava, lui meno ancora visto che era veramente senza vergogna.  Mi sorprendeva in particolare quando riusciva a farlo anche con tipe che sembrava se la conservassero con cura, apparentemente bigotte e represse, di quelle che ci si immagina nude con la muffa sulla topa pelosissima, a forza di ignorarla e tenerla rinchiusa nelle mutande. Era avvantaggiato dal fatto che puntava soprattutto le bruttine e pure le bruttone, queste non essendo abituate a molte attenzioni si scioglievano trovandosi davanti uno che a ogni parola trasmetteva loro un preciso messaggio : "Mi piaci, ti desidero, voglio far sesso con te, adesso, subito!"
Sembrava uscito da un film porno e in effetti era un po' così, perché era cresciuto leggendo continuamente le riviste porno fregate a suo fratello molto più vecchio di lui, poi da giovanissimo aveva trovato una sposata di mezza età e alcolizzata che lo faceva trombare, anche con suo marito cornuto felice in casa, perciò aveva acquisito quella visione del sesso molto spontanea e naturale, era un abilissimo vero artista del cazzo.
Così lui mi tirava la volata e combinavo qualcosa pure io con qualche altra ragazza, magari pure più carina di quella con cui stava accoppiandosi lui, nonostante fossi mille volte più imbranato nell'approcciarmi; se ero da solo una doveva strofinarmela in fronte, per farmi capire che ci stava.
Tra i
I capelli lunghi bruciacchiati davanti quasi ogni volta che mi accendevo una sigaretta, le birre, i profumi delle notti d'estate...con "The River" in sottofondo; tuttora, dopo decenni, quando riascolto l'album e la canzone omonima in particolare, mi ricordo quel periodo e mi pare di percepire ancora tutti gli odori di quel tempo andato.
Lui una sera mentre stava tornando da un matrimonio di un suo parente, dove aveva trovato un cameriere che aveva del fumo, rintronato al massimo da alcol e fumate, è finito in un fosso profondo con la Prinz, distruggendola.
Venne con la bicicletta da donna di sua madre al bar a raccontarcelo, quando gli chiedemmo dove era successo ci disse la strada e che era successo nel punto in cui c'era il curvone.
Ma non c'era nessun curvone su quella strada, così andammo in quattro su con uno che aveva una Fiat 124 a vedere dov'era il curvone che diceva lui.
Scese dall'auto e ci mostrò un punto lungo il rettilineo: "Qui sono uscito di strada!"
Effettivamente si vedevano ancora dei pezzi della Prinz nel fosso, ma la strada la vedevamo tutti, tranne lui, come una linea retta, le prime curve erano due chilometri dopo da un lato e oltre tre chilometri dopo dall'altro. Ma si arrabbiò molto perché non vedevamo la curva che vedeva lui, allora stemmo zitti, pensammo fosse lo choc per l'incidente recente o era veramente potente quello che si era fumato.
Comunque era più addolorato per essersi rovinato il vestito a rigoni nuovo che per la macchina distrutta, ma era contento per essere riuscito a salvare l'autoradio e i per lui preziosi altoparlanti.
Ci disse che voleva prendersi un'auto più elegante.
Infatti dopo pochi giorni arrivò al bar con un auto di un elegante colore blu scuro, ma era un'altra Prinz Nsu, trovata d'occasione con centinaia di migliaia di chilometri fatti, ci aveva già istallato il suo impianto stereo/mono, con un altoparlante che non funzionava, con Bruce Springsteen che stava suonando e cantando le storie di chi era rimasto escluso dal sogno americano.





613 - PREMI POETICI

Sono contrario in genere ai concorsi letterari.
Gli unici premi letterari degni di considerazione sono i concorsi di poesia paesani, senza contributo d'iscrizione, in cui i poeti vengono premiati con prosciutti o salsicce e una confezione di pane biscotto per tutti i partecipanti.
Almeno hanno un senso, perché i poeti hanno sempre fame, più di un cane da caccia cieco e abbandonato.

martedì 24 gennaio 2017

612 - CAMBIAMENTI

Vorrei cambiare tutto
in questo tempo che viviamo
su questo pianeta
rinnovando
le parole,  i gesti
le convenzioni che ci imbrigliano
i pensieri che ripetono il dettato
i sorrisi falsi che nascondono coltelli.

Sono stanco di ripetermi
e di leggere chi si ripete
con le delusioni
delle illusioni
atte a nasconderci la realtà.

Devo cambiare
ma mi limito
a cambiarmi di mutande
in precario equilibrio
su orologi e calendari
indifferenti.



martedì 17 gennaio 2017

611 - ATMOSFERE ALCOLICHE

In una fredda domenica sera di dicembre, tra la nebbia della pianura padana camminando per il mio paese, mentre passavo davanti a un tabellone dove attaccano le epigrafi, ho visto è morto uno della mia età che conoscevo, è morto in Gran Bretagna.
Erano decenni che non lo vedevo, faceva il pizzaiolo.
Ricordo ci siamo ubriacati insieme diverse volte negli anni 80, delle volte lo fermavano le forze dell'ordine, che ci controllavano in continuazione come se fossimo dei terroristi, lui in un'occasione urlò: "Io leggo Bukowski e seguo la sua filosofia di vita, che potete capirne voi!" Loro rimasero perplessi, non sapendo chi fosse Bukowski avranno creduto fosse un qualche santone indiano che diceva agli adepti di ubriacarsi.
Lui si chiamava Vincenzo, ma aveva una mamma che lo chiamava dalla finestra della vecchia casa di campagna dove abitava con urla disumane e con accento siciliano: "Viiiiiiiincenziiiiiiiino". Con le galline e le  anatre circolanti attorno a casa che le facevano il coro.
Vincenzo era di media altezza, con i capelli lunghi castano chiari, lo si trovava quasi sempre dal suo amico che abitava vicino a casa sua chiamato Delirio, era un bel ragazzo moro somigliante vagamente a Jim Morrison, perennemente ubriaco al punto che gli veniva a volte il delirium tremens. Erano in quattro amici, ma gli altri due era come se non ci fossero, perché uno era Figomane, un muratore basso e magro, vestito con abbigliamento firmato nel tempo libero, aveva la fissazione della figa, viveva/pensava/parlava/agiva solo per trombare, puntava una ragazza, si fidanzava in casa, lei gliela dava e dopo un mese o due al massimo la lasciava e iniziava con un'altra, sempre così, per cui non c'era mai in loro compagnia; l'altro era Paranoia, un orfano che viveva con i nonni, sembrava un cantante sanremese dell'epoca per come si vestiva e i capelli ricciolini ben sistemati, voleva fare lo sballato ma non aveva né la mente né il fisico adatti e finiva che stava sempre male, lo lasciavano a  casa e non lo portavano quasi mai via con loro, altrimenti se succedeva vomitava nei bar, dovevano chiamare il dottore oppure una volta successe che si fumò tre tiri di una canna poi andò a casa, dicendo ai suoi nonni che stava male, si era drogato. Così sua nonna spaventata corse a chiedere ai vicini se sapevano il numero telefonico di San Patrignano, voleva telefonare affinché venissero a salvarlo. Per poco non lo portarono in comunità per tre tiri a una cannetta.
Arrivavano in paese in autostop Vincenzo e Delirio già ubriachi e si univano a noi in una birreria, per ubriacarsi ulteriormente.
Raramente capitavano con Paranoia, che posssedeva una vecchia Sunbeam blu con del nylon opaco attaccato col nastro da pacchi come lunotto, perché una volta aveva una radio vecchissima e nel parcheggio della birreria gli sfondarono il cristallo del portellone posteriore per fregargli la radio.
Lui era disperato, il cristallo era introvabile e costava una cifra mentre la radio non costava niente, come non bastasse per aggravare la situazione gli  amici chiamarono me per fare le indagini, poiché io e un altro, il  Norvegese, eravamo dei punti di riferimento per gli alcolizzati della birreria, forse perché avevamo gli occhiali entrambi, avevamo fatto malamente le superiori, leggevamo tutti i giorni il giornale...ma credo anche per il fatto che eravamo pure più grandi e grossi della media, dato che c'era un altro tipo che aveva studiato più di noi, era all'università, ma era basso e mingherlino, quindi non lo badavano, nemmeno se diceva una cosa giusta, e pure tra me e il Norvegese essendo lui più grande e grosso era più considerato, se avevamo due opinioni differenti quella del Norvegese era più tenuta in considerazione; però di solito trovavano solo me, essendo in Norvegese mezzo depresso veniva poco in birreria, preferiva andare al mare sugli scogli di notte da solo, con un fiasco di vino, a ubriacarsi e immalinconirsi. Venivano in cerca di noi due per chiederci quando non capivano qualche parola, qualche articolo di giornale, qualche notizia in tv o se succedeva qualcosa come in quel caso, un furto inspiegabile visto che era una radio da due lire e vecchia, inoltre i ladri di solito rompono il finestrino non il lunotto, non c'era il Norvegese così chiamarono me per capire quel mistero, andai con andatura barcollante per il carico di alcol ingurgitato, guardai e vidi più vetri all'esterno che all'interno dell'auto, quindi conclusi che la rottura era stata causata dall'interno, era una messa in scena, se l'era rotto lui il vetro e si era fregato la radio, il caso era risolto.
Paranoia, quasi piagnucolante, mi chiese che motivo avrebbe avuto per rubarsi la sua radio,
"Per avere il rimborso dall'assicurazione!" Sentenziai io.
Allora tirò fuori le carte dell'assicurazione dal cruscotto per farmi vedere che non aveva la copertura sui furti e sui cristalli rotti, controllai malfidente, poi diceva che se era stato tutta la sera con noi come poteva essere uscito per fregarsi la radio; intervenne uno dicendo che però si era allontanato un paio di volte per andare in bagno, poteva essere uscito dai finestrini del bagno, per dimostrare la mia imparzialità fermai il discorso, dicendo che i finestrini avevano delle sbarre in ferro, non poteva uscire da lì.
Sorrideva Paranoia, felice di non essere più il principale sospettato.
Gli consigliai di attaccarci un nylon altrimenti il lunotto gli costava più che una nuova macchina, disse che aveva del nylon grosso che metteva suo nonno per riparare le gabbie dei conigli d'inverno, risposi che quello era perfetto.
Poi mi accorsi che una coppia di tossici strafatti avevano l'auto poche decine di metri più in là, erano una specie di Sid e Nancy locali, andai, chiesi a lui se aveva una radio da poco e mi disse che ne aveva rubata una poco prima, ma faceva talmente schifo che l'aveva buttata via, domandai dove l'avesse gettata e rispose che l'aveva buttata nel canale, che scorre accanto alla strada..
Tornai nella comitiva della birreria, ma lo tenni per me quello che mi disse lo strafatto Sid tossico, era mio amico, mi registrava delle sublimi cassette con i suoi dischi punk che altrimenti non avrei potuto comprarli e ascoltarli, ero un investigatore che non tradisce gli amici, inoltre Paranoia mi stava un po' sul cazzo per la sua imbecillità, per cui decisi che si arrangiasse col telo in nylon dei conigli e che si comprasse una radio decente.
Vincenzo era più loquace e socievole di Delirio quando erano sobri, mentre quando come al solito erano bevuti si invertivano i caratteri, Vincenzo diventava taciturno e cupo mentre Delirio diventava goviale e iniziava  raccontare delle storie mitologiche di campagna ai confini della realtà, con onnipresenti riferimenti alcolici, ne ricordo alcune.
In una un tipo era stato mandato dal proprietario dell'azienda agricola in cui lavorava in paese, a circa 10 km di distanza, a ritirare delle carte con un motorino 50 cc  fatto come una moto da corsa, che guidava stando steso, lui dopo aver ritirato le carte si è messo a girare i bar del paese ubriacandosi, così tornando sulla provinciale col motorino a tutta velocità c'era l'autobus che stava uscendo dallo stop e lui doveva girare, invece ubriaco com'era è andato dritto, piantandosi di testa sulla fiancata dell'autobus, sfondando la lamiera: lo hanno ritrovato in mezzo alle valigie nel portabagagli dell'autobus con la testa gonfiata come un pallone e ai primi soccorritori ha detto: "Sento bruciore sulla fronte, penso mi sia scoppiato un brufolo!" Da allora è rimasto cerebroleso.
In un'altra un tipo che andava a raccogliere le fragole aveva mangiato 17 uova sode e bevuti 18 bicchieri di vino, all'osteria nella pausa pranzo a mezzogiorno, poi era tornato a raccogliere le fragole, ma mentre era chinato la fermentazione per quello che aveva ingurgitato gli ha fatto mollare una scorreggiona, talmente potente e pestilenziale che quello che raccoglieva le fragole chinato dietro di lui, con la faccia vicina al suo culo, è svenuto.
Un'altra era quella del fuochista, nella frazione di campagna dove abitavano loro avevano organizzato una festa parrocchiale, facendo una colletta per fare alla sera anche un grande spettacolo pirotecnico, era un caldo giorno d'estate e l'addetto ai fuochi artificiali è arrivato alla mattina con il suo aiutante, sono andati all'osteria con una grande tanica di plastica a farsela riempire di vino, così alla sera lui e l'aiutante se l'erano scolata tutta; quando è giunta l'ora di fare i fuochi artificiali loro ubriachi duri hanno iniziato a spararli ad altezza della gente, i fuochi passavano a pochi centimetri dalle teste, si è creato uno scompiglio con un fuggi fuggi generale, sono corsi tutti via, come fossero sotto i bombardamenti.
Storie simili, spesso ripetute.
Oppure ti raccontava qualche barzelletta che gli avevi raccontato tu la sera prima, e si era scordato che eri stato tu a raccontargliela.
Nelle sere d'estate andavamo al mare con le auto, capitavamo spesso in un locale di un pregiudicato della zona che si vantava di essere stato in manicomio criminale e veniva chiamato Mannaia, perché tempo prima, dopo averci litigato, aveva inseguito uno con una mannaia per farlo a pezzi.
Il locale era affascinante, in mattoni faccia a vista dentro e fuori, immerso nel verde, molto ampio, diviso in due parti, bar/pizzeria sulla sinistra e sul lato destro c'era la discoteca in vecchio stile anni 70, con una pista dentro e una zona relax tra i pini della pineta con cui confinava; dentro come arredamento sembrava uno di quei locali in cui ambientano i film di gangster alla Scarface o dei telefilm di Miami Vice, era pure frequentato da persone simili.
Mannaia era basso, magro, tutto nervi, mezzo calvo con i capelli all'indietro lunghi sulla nuca, sembrava parennemente incazzato, con voce roca urlava parolacce e bestemmie in continuazione, sempre vestito tutto di nero con diverse collane d'oro che brillavano tra la camicia aperta; lui curava la zona discoteca, mentre la zona bar/pizzeria era curata da sua moglie, che era diversissima da lui, più alta, sempre buona e calma, assomigliava a Renato Zero, anche per come si vestiva, piena di lustrini, così faceva le pizze e capitava che qualcuno trovava dei lustrini dei suoi abiti tra i carciofini o i funghetti nella pizza; era anche una fanatica cattolica e aveva riempito la zona dove faceva le pizze di santini, foto dei papi e calendari religiosi.
Avevano delle attrazioni sconosciutissime, cantanti dai nomi mai sentiti che guardandoli sembravano più degli ergastolani che dei cantanti, erano di solito suoi ex compagni di carcere o manicomio criminale che si erano messi a fare i cantanti, alcuni avevano un certo successo di pubblico perché si accompagnavano a minimo un paio di ballerine che sembrava le avessero raccolte tra le più vistose mignotte della tangenziale, mentre cantavano si spogliavano, alcune solo del reggiseno ma quelle di maggior successo si toglievano pure le mutande, attirando così un certo pubblico.
Però Mannaia disprezzava quel tipo di pubblico beota, diceva sono troppo ignoranti, gli facevano schifo, preferiva quelli come noi,  avevamo uno stile che gli piaceva, infatti ci faceva entrare sempre gratis quando ci vedeva, perché gli stavamo simpatici, veniva a sedersi con noi a raccontarci delle sue ultime avventure sessuali. C'era una battona africana altissima e magra che a lui piaceva particolarmente, in teoria sarebbe stata la fidanzata di uno spacciatore senegalese di fumo e cocaina che girava sempre per il locale, ma in realtà batteva, Mannaia diceva che gli piaceva più di tutte perché aveva il pelo che le arrivava quasi fino al'ombelico e a lui sembrava di stare sul suo sofà di casa preferito, in velluto marrone scuro, quando se la trombava.
Se non c'era lui all'ingresso si entrava ugualmente senza pagare, perché c'era un buttafuori alcolizzato, con i baffi a manubrio e la pancia prominente, che si cagava addosso anche le budella solo a guardarlo con la faccia seria, si andava dritti e lui non ci fermava mai per farci fare il biglietto, era un non violento, se c'era una rissa invece di prenderli e buttarli fuori andava sorridente e faceva amicizia, pagava loro da bere, così pochi minuti dopo ancora più ubriachi si stavano menando di nuovo e peggio di prima, finché non arrivava Mannaia, minacciandoli di morte li buttava fuori con dei calci nel culo.
Cercava di attirare gente con iniziative tutte sue Mannaia, una volta aveva scritto su un grande cartello che quella sera si estraeva come premio una nave, uno perplesso andò a chiedergli che nave fosse, lui si incazzò come una belva perché lo aveva messo in dubbio, iniziò a sbraitare contro il tipo, che lui era uno di parola, se scriveva che c'era una nave quella sera in premio era tutto vero e c'era veramente una nave, nessuno doveva dubitarne; prese il tipo per un braccio e lo tirò dicendogli che ora gli faceva vedere che lui era di parola, lo strattonò violentemente fin davanti a un tavolino, su cui c'era una bottiglietta in vetro, con dentro una nave, fatta con gli stuzzicadenti, probabilmente da qualche suo amico galeotto, per passare il tempo in prigione.
Aveva come animale domestico da compagnia, invece di un cane, una capra di quelle grandi bianche con la barbetta; la teneva in un recinto accanto alla zona esterna al locale, quando era particolarmente bevuto ed euforico la portava in discoteca e in pista ballava con lei, che si metteva sulle due zampe posteriori e posava le zampe anteriori nelle sue mani, poi finito il ballo lui tirava fuori il pacchetto di Marlboro rosse dal taschino della camicia, se ne accendeva una e un'altra sigaretta la dava alla capra come premio, lei rosicchiava il tabacco contenta.
Era divertente anche il rapporto che aveva con il deejay del locale, un tipo perfettamente alla moda del periodo metà anni 80, pallidissimo, magro e alto con i capelli corti ai lati e un ciuffo enorme di capelli ricci tinti di biondo che restavano sollevati sopra la testa; suonava la musica synth pop e new wave del periodo, soprattutto i Pet Shop Boy forse perché assomigliava un po'al cantante ma anche Human League, Soft Cell, Talk Talk, Visage, Ultravox, Abc, Alphaville, Simple Minds, mentre i miei preferiti che erano i Depeche Mode non li metteva mai, mi disse che non gli piacevano.
Mannaia odiava quella musica, troppo malinconica e triste per lui, a lui piaceva la musica più sanguigna di un decennio prima, con sonorità funky, tipo James Brown, KC and the Sunshine Band, Commodores e roba simile, così sentendo quella musica si lamentava in continuazione: "Senti che musica da cazzi mosci! Roba da anemici, non hanno neanche la forza per pisciare quei tipi lì", "Che musica di merda mette quella testa di cazzo, è musica da inverno non da estate e farebbe cagare anche in inverno", "Guarda che non c'è quasi nessuno che balla in pista per colpa di quell'idiota e della sua musica rompicoglioni, adesso vado lì e gli spacco la faccia".
Partiva e andava verso la postazione del deejay, che era una torretta altissima attaccata quasi al soffitto, a cui si accedeva con una scaletta a chiocciola, saliva urlando offese al deejay che si toglieva le cuffie e si sporgeva dalla postazione per sentire cosa voleva, così a volte gli arrivava subito uno schiaffone dritto su una guancia che gli faceva traballare il ciuffo di capelli, sempre si sentivano delle urla disumane e pochi secondi dopo metteva su un altro tipo di musica, da discoteca anni 70. Finché una sera litigarono di brutto, Mannaia andò dentro la postazione, lo riempì di botte e da allora assunse un altro deejay che suonava la musica che voleva lui, però piaceva solo a lui e pochi altri, perciò il locale cominciò ad avere meno gente che lo frequentava.
In un'occasione che eravamo andati tutti lì, di notte all'uscita c'era una macchina di ragazze immagine di Bologna che avevano fatto la serata, ci mettemmo a parlare con loro, nel mentre arrivarono gli sbirri a controllare, allora Delirio si mise ad urlare agli sbirri fingendo di avercela con le ragazze: "Socc'mel! Socc'mel!" Così lo presero e lo portarono via, in caserma.
Io e il Norvegese venimmo delegati da tutti gli altri, eravamo anche apparentemente un po' meno ubriachi fradici del resto della truppa, andammo in piena notte fino in caserma a suonare al portone, ci fecero entrare, temevo che tenessero dentro pure noi, dissi che non ce l'aveva con loro, aveva solo bevuto un po' troppo e stava scherzando con le ragazze, che socc'mel era un inoffensivo intercalare tipico bolognese, e infatti le ragazze erano bolognesi.
Ce lo ridiedero e lo riportammo a casa.
Quando fu a casa abbracciò il suo cane tipo pastore tedesco che aveva in cortile e si stese con lui accanto alla cuccia del cane, dicendoci che passava la notte lì, insieme a lui, perché era l'unico al mondo che lo capiva.
L'ultima volta che vidi Vincenzo stava camminando di notte contromano sulla statale, verso la pizzeria dove lavorava, tenendosi una mano sugli occhi e bestemmiando nonché mandando affanculo tutte la macchine e i camion che provenivano, infastidendolo con i fanali.
L'ultima volta che ho visto Delirio è stato che si era preso in affitto un distributore di benzina, a diversi chilometri da dove abito, una sera sono passato di lì e volevo andare a trovarlo, ma da lontano ho visto aveva acceso un falò gigantesco con cui stava bruciando delle sterpaglie secche a pochi metri dalle pompe della benzina, lui guardava ubriaco con un'espressione trasognata l'enorme fuoco e le faville che si liberavano nel buio della notte. Temendo che scoppiasse tutto ho tirato dritto.
Poi mi hanno detto aveva chiuso il distributore, smesso di bere, si è sposato e ha trovato lavoro come operaio.
Quell'atmosfera che c'era un tempo si è dissolta, ci si è separati perdendoci di vista, ognuno è andato per la propria strada, qualche volta contrapposta a come si era, come è successo a Mannaia che ora è anziano e la moglie lo ha fatto diventare un chiesaiolo religiosissimo, va tutti i giorni alla messa del mattino, partecipa alle gite della parrocchia e aiuta il prete a organizzare le iniziative di beneficenza.


venerdì 13 gennaio 2017

610 - LO SBIRRO KUSTODE

Driiiin
- Buongiorno agente, cosa desidera?
- Buongiorno, è lei Andrea Delcaz?
- Sì, sono io, ma non ho fatto niente!
- Non abbia paura, sono qui per proteggerla, sono il suo sbirro kustode, ecco qua il foglio di nomina.
- Non ho fatto nessuna richiesta, non ho neanche mai sentito "sbirro kustode", con la k poi, ma che cos'è?
- Lei non segue i telegiornali? Sono settimane che ne parlano.
- Non ho più la televisione, Equitalia me l'ha pignorata.
- Male, bisogna tenersi informati, adesso nel programma di prevenzione del terrorismo a ogni cittadino è stato assegnato uno sbirro kustode, l'ufficio relazioni esterne del Ministero dell'Interno ha individuato questo termine sbarazzino, autoironico e simpatico per fare sentire le forze dell'ordine più vicine e farle divenire più simpatiche al cittadino, usando all'uopo termini gergali nonché giovanili. La accompagnerò durante tutta la giornata, tranne nei giorni festivi in cui sarò sostituito da uno sbirro kustode con contratto temporaneo, anche noi abbiamo diritto a un po' di riposo.
- Tutto il giorno insieme a me? Ma siete impazziti?
THUND
- Ahi, maledetto sbirro di merda, senti che botta con quel cazzo di manganello!
THUND
- Ahi, ooooh, mi vuole ammazzare? Non ho fatto niente iooooo!
- Lei sta usando un linguaggio non appropriato con un tutore dell'ordine pubblico in servizio, lesivo della sua dignità di rappresentante dello Stato, lei riceverà una manganellata di avvertimento, se prosegue un'ammenda, se prosegue nonostante ciò sarà tratto in arresto. Ringrazi che le abbuono le seconde ingiurie e se l'è cavata con un'altra semplice manganellata.
- Grazie stocazzo!
THUND
- Ahi che male porcod...
THUND
- Ogni bestemmia verrà sanzionata in modo analogo alle ingiurie a pubblico ufficiale, la avviso!
- Basta, basta, mi scusi, non lo sapevo!
- Ecco, bravo, vede che ha capito che noi agenti siamo al suo servizio, operiamo esclusivamente per il suo bene.
- Stavo meglio prima però, ora ho una forte cefalea con fitte dolorose.
- Si metta del ghiaccio sulla parte contusa e starà meglio di prima.
- Vado in cucina a prenderlo nel frigorifero per mettermelo.
- Io la seguo, per proteggerla, stia tranquillo che ora la sua incolumità è garantita
TOC.
- Ahi! Che botta col mignolo nella porta della cucina! Vaffanculo le ciabatte infradito e chi ha avuto l'idea di uno sbirro attaccato al culo tutto il giorno, porcod...
THUND.THUND.THUND.


mercoledì 11 gennaio 2017

609 - BOMBE

Sono abbastanza complottista, portato alle dietrologie, credo perché sono rimasto turbato dagli anni di piombo, creati dalla strategia della tensione.
Uno dei fatti che mi hanno più impressionato è che il 2 agosto 1980 era un sabato e volevo andare a Bologna, invece mi sono alzato pieno di sonno e di pigrizia, non avevo voglia di stare delle ore sui mezzi pubblici e in giro, così non sono andato a prendere l'autobus che mi avrebbe portato alla stazione dei treni, dove avrei preso il treno per Bologna.
Quella mattina alle ore 10.25 scoppiò una bomba nella sala di aspetto per la seconda classe della stazione dei treni di Bologna, causando 85 morti e oltre 200 feriti, il più grave attentato terroristico nella storia della Repubblica Italiana.
Non so se fossi andato se c'ero tra le vittime, penso di no, arrivavo prima di solito di quell'ora o dopo se perdevo il treno, a meno che non avessi trovato qualcuno che conoscevo e mi fossi messo a parlare con lui, attardandomi in stazione.
Fatto sta che quel giorno io non c'ero, ma 85 persone da allora non ci sono più.
Ai balordi cani sciolti che organizzano questi attentati ci ho sempre creduto o poco o niente. Gli anni 70 erano stati flagellati da infiniti atti terroristici e attentati, pesantemente manovrati dall'alto, da chi voleva creare un clima di terrore con un preciso disegno, che è lo stesso dalla strage di Portella delle Ginestra in poi: allontanare la partecipazione popolare dalla sinistra parlamentare, sabotando la libertà democratica. Possono servirsi di manovalanza fascista o mafiosa o di altri balordi, ma il fine è sempre quello e chi organizza è gente che ha potere.
Ricordo che qualche anno prima quando andavo alle superiori vedevamo che era spesso posizionata una macchina di agenti in borghese della digos, sorvegliavano la casa dei genitori di un terrorista fascista, vicina alla scuola in cui andavo.
Quella presenza era inquietante, portava un pezzo reale di piombo nei nostri sogni di adolescenti.
Tra noi giovani di allora l'atmosfera era più gioiosa di quello che si pensa adesso, nonostante il clima plumbeo, con cui cercavano di spaventarci.
Anche le bombe dagli studenti erano usate solo per saltare qualche impegno scolastico, succedeva che qualcuno se voleva evitare un'interrogazione o un compito prestabiliti quella mattina faceva dal bar una telefonata anonima alla segreteria della scuola, dicendo che era un terrorista e aveva messo una bomba nella scuola e sarebbe scoppiata.
Arrivava la polizia e faceva uscire tutti da scuola per controllare, eravamo in oltre mille persone, perciò si perdeva quasi tutta la mattina.
Poi però considerando che erano sempre falsi allarmi hanno cominciato a dare solo una rapida occhiata nelle classi, senza farci uscire, veniva in aula un bidello e ci chiedeva di guardare tutti sotto il banco se c'era una bomba, mentre lui dava un'occhiata nell'armadietto e nei cassetti della cattedra.
Finché un giorno non arrivò una telefonata dicendo un'aula specifica e di guardare in quel cassetto specifico della cattedra.
Andò un bidello a vedere e trovò veramente il pacco, si sentiva il timer ticchettare.
Terrorizzato corse a chiamare la polizia.
Successe un caos.
Sgombrarono la nostra scuola ma anche case e scuole adiacenti, con scene di isterismo diffuse.
Apparvero forze dell'ordine di ogni tipo e luogo.
Cominciarono ad arrivare dei giornalisti, tenuti come tutti a distanza di sicurezza.
Arrivò l'esercito con gli artificieri.
Il clima era tesissimo, dicevano che la telefonata aveva rivelato era programmata l'esplosione per le ore 11.15. Mancavano pochi minuti.
Gli artificieri tentarono di disinnescare l'ordigno, aprendo il pacco con estrema cautela.
Dentro trovarono quattro bottiglie di cocacola piene e una vecchia sveglia con la carica a molla che ticchettava.
Quando venimmo a saperlo noi studenti, dietro le transenne o sparsi nei bar della zona, le risate sommersero ogni cosa.
Da allora non ci fecero più uscire da scuola neanche una volta, nemmeno se esplodevamo tutti, magari avrebbe fatto pure piacere a più di qualcuno, ormai stavamo sul cazzo a ogni autorità esistente.








domenica 1 gennaio 2017

608 - IL NUOVO ANNO

La verità è che il capodanno me lo appendo al cazzo, insieme agli auguri, al Santo Natale, alla Santa Pasqua, al Ferragosto, ai premi, alle promozioni, ai riconoscimenti, alle lauree, ai master, ai libri letti, ai soldi in banca, ai progetti per il futuro, ai bilanci del passato.
Formano un insieme col quale potete giocarci unendo i puntini e apparirà una scritta:
NON ROMPETEMI IL CAZZO, PER FAVORE!
E non ditemi che sono un bifolco, vi ho chiesto per favore.
Il fatto è che non me ne frega niente, dell'amore, dei soldi, dell'anno nuovo e di quello vecchio.
So pure benissimo che nessuno ci crederà, perché ognuno si fa un'idea di quello che lui immagina tu sia, e pretende tu sia coerente con quella sua immagine.
Non me ne importa niente di tutto e di tutti  perché in realtà sono un giocatore accanito di roulette, ho formato una totale dipendenza.
Parlo ovviamente della roulette russa.
Ogni attimo contiene la morte e la vita, è un punto di domanda che mi si disvela.
Perciò quando vi rispondo vi risponde il mio risponditore automatico, lo uso per i rapporti interpersonali; se uno è gentile anche lui fa il gentile, risponde a tono, per esempio se mi mettono un cuoricino lui mette un cuoricino, se invece mi danno uno schiaffo lui restituisce un calcio di punta in zona perineale.
Mi sento estraneo, mi fa schifo veramente tutto del mondo che mi circonda, tranne: le donne con i capelli rossi naturali, camminare tra gli alberi o in riva al mare, i dischi in vinile dei migliori musicisti sconosciuti, la spontaneità degli animali.
Camminiamo tutti in precario equilibrio su una corda, sospesi sullo spazio infinito, senza nessuna rete di protezione sotto.
Il resto sono sostanze stupefacenti per dimenticare questa condizione umana, attuale.
Ah, stavo per dimenticarmene: BUON 2017, so che ci tenete.
Vi darei anche un bacio in bocca se vi aggrada, o vi infilerei l'organo genitale in qualche vostro orifizio a vostro piacimento se vi aggrada, o farei qualsiasi cosa possa farvi star meglio, perché vedo che dietro tutte le vostre maschere siete quasi tutti dei poveri disperati quanto me, in fondo l'unica differenza è che usiamo stupefacenti diversi.
Dai coraggio, un fatto bello sicuramente accadrà: per tre anni non sentiremo più dire la scemenza "anno bisesto, anno funesto".
Ciao.