Se apprezzate e volete offrirmi una birra o una pizza, vi ringrazio immensamente:

giovedì 27 novembre 2014

395 - cercandosi

Ti cercavo.

Nel blu,
tra i bordi delle nuvole.

Nell'infrangersi della pioggia,
tra i vetri rotti delle case abbandonate.

Nelle stanze dimenticate,
tra i corpi nudi senza nessuno.

Nelle foglie staccate dal vento,
tra i passi verso l'ignoto.

Negli sguardi nel vuoto,
tra le persone assenti nelle strade.

Negli ultimi perché,
tra i pensieri calpestati dagli avvenimenti.

Ho cercato un noi
tra soli io
svolazzanti nel tempo
perduto.



sabato 22 novembre 2014

394 - punti fermi sul nulla

Se danzi per gli specchi
le tue risate
saranno schianti nel vuoto.

Se segui le scie delle marmitte
potrai ritrovare il tuo vero volto
nel cassonetto della raccolta indifferenziata.

Se vuoi certezze
scrivi i tuoi dati su un cartellino
appendilo al petto e controllalo
ogni volta che ti cercherai.

venerdì 21 novembre 2014

393 - AUTORITA'

L'autorità è un simpatico orsetto
e cura i bambini buoni,
mentre quelli cattivi
saranno trucidati senza pietà
negli angoli oscuri
delle telecamere di sorveglianza.
Dentro le irradiazioni dei monitor
carne umana si autocontrolla
eliminando chi non è uguale e in regola
con i regolamenti comportamentali.
Va sbeffeggiata ed eliminata
qualsiasi forma di differenza
per avere i buoni punto
e ottenere i premi promessi
dal catalogo illustrato.

mercoledì 19 novembre 2014

392 - L'ascia o raddoppia (racconto d'amore)

Dormiva.
Avevano appena litigato, le aveva detto che domani mattina se ne sarebbe andato via per sempre e adesso dormiva beato; mentre lei aveva le budella che si contorcevano dal dispiacere, le mancava l'aria, le girava la testa, le pareva di svenire...e lui se la dormiva.
Si allontanò da quella visione che la faceva stare ancora più male, scese in garage
Si sentiva sola come mai in vita sua, si rendeva conto che era solo un oggetto di carne da usare e gettare, nessuno le aveva mai dato del vero amore, le rapivano il cuore per quell'attimo che consentiva loro di usarla sessualmente e poi fuggivano, e il cuore glielo buttavano dal finestrino dell'auto in fuga, che cadesse, si frantumasse, si essiccasse al sole tra i tormenti della sua anima.
Pesando ciò rivolse lo sguardo verso la lampadina che non era il sole, ma come un sole illuminava impietosa la fine delle sue illusioni.
Di lei non gliene importava più niente, era stata una figa da usare per aggiungerla alla raccolta, e ora era diventata solamente un numero in più sulla lista delle donne trombate con cui pavoneggiarsi al bar, durante l'aperitivo con gli amici.
Facendo questi ragionamenti la colse un nervoso indicibile, cominciò a sbattere la testa contro il muro, il dolore le fece aumentare la rabbia, vide nell'angolo del garage il ceppo con l'ascia che aveva usato il coglione per tagliare la legna, l'aveva lasciata lì senza rimetterla al suo posto, abbandonava tutto, pensava solo a se stesso, non si curava di niente e nessuno.
Ormai i nervi erano un fascio unico d'odio verso di lui, prese l'ascia.
Cominciò una danza folle, girando su se stessa brandendo con entrambe le mani il manico dell'ascia la sbatteva ovunque, poi la puntava come un'alabarda e si immaginava di infilzarlo, colpendo forte il muro.
All'improvviso si fermò, salì le scale di corsa, andò in camera da letto, si fermò davanti al letto alzando l'ascia con entrambe le mani sopra la sua testa e stette a guardarlo mentre lui ancora dormiva nudo, girato con la schiena verso di lei.
Una botta improvvisa alla testa la fece accasciare, intanto il pavimento emetteva un fragore metallico.
Sentì le sue urla:
- Vecchia gallina idiota, volevi farmi del male con quell'ascia! Ben ti sta che si sia staccata dal manico e ti abbia rotto quella testa da troia.
Balzò giù dal letto e le diede un calcio nel culo che la fece finire sotto il letto, con la testa e ora pure il culo doloranti; poi la tirò per i piedi, estraendola da sotto il letto, la sollevò di peso e la gettò dentro la stanzina del ripostiglio, chiudendo la porta a chiave.
Lei si chinò in quello stanzino chiuso e appoggiò la bocca alla serratura, urlando:
- Tirami fuori di qui, non ti avrei mai fatto del male, volevo solo farti paura perché non voglio perderti.
Dopo una breve pausa lei urlò con tutta la forza che aveva: - TI AMOOOOOOOO!
Lui con voce calma le rispose: - Sai cosa penso del tuo amore? Avvicinati con l'orecchio alla serratura che te lo sussurro.
Si avvicinò subito, con l'orecchio aderente al buco della serratura dello sgabuzzino, in fremente attesa.
Sentì che si appoggiava alla porta, spinse ancor di più l'orecchio incollandolo contro la serratura.
- PRRRRRRRROOOOOOTTTTT!
Il frastuono di uno scorreggione le rimbombò nella cavità auricolare.
- Brutto ciccione bifolco, sei uno stupido cesso insensibile.
- Tu vecchia puttana sei insensibile, e pure completamente scema. Io posso anche dimagrire se voglio, tu invece vecchia e scema ci rimani. Inoltre sei pure incapace di succhiare i cazzi, fai cagare. Invece di rifarti il viso e le tette impara a fare i bocchini che è meglio. E poi il culo no, l'ingoio no, ma vedi di andartene affanculo tu e la tua slabbrata patacca pelata!
- Tu grassone col quel cazzetto da dieci centimetri che funziona una volta sì e una no credi d'essere tanto meglio? Ma vedi di andartene affanculo tu che questa è casa mia!
Sentì silenzio, poi la chiave girò e si aprì la porta.
Lui davanti alla porta con i boxer e i suoi vestiti sotto braccio disse: - E' finita, me ne vado per sempre.
Lei si gettò in ginocchio, ai suoi piedi, piangendo e singhiozzando riusci a dire:
- Io ti amo ancora Paul, non voglio restare sola.
- Guardiamo in faccia alla realtà Nancy, c'è troppa differenza tra noi, io ho 28 anni tu 61 e c'è poca intesa sessuale.
- Ma io sono disposta a fare tutto quello che vuoi, non abbandonarmi.
- Comincia a essere più sincera invece che sei falsa in tutto, ti fai le operazioni per falsificare l'età, ti fai chiamare Nancy invece di Annunziata falsificando il nome, fingi di essere ricca girando col macchinone invece sei piena di debiti, dici di essere disinibita invece non vuoi mai che te lo infili nel sedere che a me piacerebbe tanto.
- Farò tutto quello che vuoi, dai!
Paul prese in braccio Nancy e la depositò dolcemente sul letto sfatto, si distese di fianco a lei, la baciò delicatamente sulle labbra.
- Non sono così male allora, guarda che mi hanno detto un paio di volte che assomiglio un po' a Patty Pravo e un'altra volta che ho una certa somiglianza con Donatella Versace.
- Ma sì che sei bella, devi solo succhiare con più passione il cazzo e ingoiare.
Senza rispondere lei gli abbassò i boxer, si chinò e prese in bocca il corto e moscio cazzo, iniziò a stimolarlo come meglio poteva, sentì che le cresceva in bocca, continuò con foga finché finalmente le venne in bocca, soffocò subito l'istinto di mandarlo giù e ingoiò tutto quello schifo come fosse un'amara medicina, necessaria per star meglio.
Paul la guardò con amore, le bacio la fronte e le sussurrò: - Così si fa, amore mio.
Nancy fu pervasa da un senso di soddisfazione, gli aveva dimostrato tutto il suo amore, quanto ci teneva a lui, e sentiva che lui lo aveva capito
Gli sussurrò in un orecchio:
- Tesoro fammi anche il resto, fammi tutto ciò che vuoi, sono tutta tua
Lui con occhi felici le ribaciò la fronte e si alzò:
- Vado a prendere il burro in frigo, bisogna prima lubrificarlo bene come insegnava Ultimo tango a Parigi.
- Ma non c'è burro in frigo, non lo prendo più perché ho il colesterolo alto.
- Allora prenderò l'olio nella credenza.
Andò in cucina, lei sentì a lungo che rovistava, finalmente tornò con la bottiglia d'olio e un imbuto.
- Scusami amore se ti ho fatto aspettare ma non trovavo la bottiglia.
- Eppure mi pare di averla messa nel solito posto, ma che devi fare con l'imbuto?
- Sì, ma me lo ero scordato dove la metti, sono troppo preso dall'eccitazione e dall'amore per te, l'imbuto serve per oliare bene anche l'interno.
Paul si chinò, le allargò le chiappe e ci versò in mezzo un po' d'olio sfregandolo attorno all'ano, poi cominciò a penetrare nell'ano con le dita, lo allargò e lei sentì che ci infilava l'imbuto.
La mise col culo più in alto e spinse il petto più verso il letto, nel culo così alzato ci infilò più profondamente l'uscita dell'imbuto, poi cominciò a versarci dentro l'olio.
Tolse l'imbuto e le disse:
- Acqua e olio sono a posto signora.
E si mise a ridere rumorosamente, anche lei a testa in giù e culo in alto sorrise, un po' sforzata, non gradiva molto quando lui faceva le sue battute, quasi sempre volgari e sempre nei momenti più romantici.
Fu un'inculata che durò a lungo.
Appena lui venne e si staccò lei fu colta da una improvvisa necessità di correre a evacuare.
Mentre era chiusa in bagno lui dalla porta le chiese se le fosse piaciuto.
- Certo amore.
Anche se non era vero e le bruciava tremendamente il buco del culo.
- Allora ti preparo un altro gioco erotico, vedrai che ti piacerà, esco a prendere il materiale necessario.
- Un altro gioco? Mi vuoi far impazzire di piacere. Attendo con ansia, mi sto eccitando al solo pensiero.
- Torno subito, aspettami.
- Certo Paul, amore mio
Pensava più preoccupata che invogliata a che gioco potesse essere.
Uscì da  bagno e si mise sul divano ad aspettarlo.
Non lo rivide più tornare.
Si accorse più tardi che le aveva preso la macchina e gli 800 euro per le bollette che teneva nel cassetto della cucina.
Telefonò alla polizia, spiegò del tipo che le aveva preso la macchina e i soldi, le chiesero se sapeva come si chiamava.
- Era di origini francesi, mi aveva detto che si chiamava Paul, Paul Verlaine.
- Ma era uno scrittore.
- Mi aveva detto che studiava ancora letteratura all'università, non so se era anche scrittore.
- Il nome signora, è quello di uno scrittore che è morto da molti anni.
- Veramente? Io non seguo molto la letteratura, mi piace di più guardare la televisione e i balli latino americani.
- Signora, scusi se le parlo francamente, ma credo proprio che glielo abbia messo in culo.
-  Devo farle i miei complimenti, lei è un grande investigatore, ma come fa a saperlo già?



sabato 8 novembre 2014

391 - BULLISMI

Alle superiori c'era un tipo grosso e antipatico, ma lui si considerava simpatico.
Si vestiva alla moda cercando di far risaltare la sua presunta simpatia, aveva spesso una felpa bianca con disegnato Topolino vestito di rosso e sotto si metteva una camicia rossa, così il colletto della camicia sotto la felpa faceva pendant col disegno.
Derideva continuamente quelli più piccoli e mingherlini, soprattutto per come erano vestiti, se erano dei poveracci che non avevano soldi per prendersi vestiti più alla moda, ed era sempre attaccato al culo degli insegnanti, dava loro ragione mentre parlavano, ripeteva i loro stessi discorsi, li aiutava a portare i libri o la borsa, rideva alle loro battute del cazzo.
Un vero leccasfinteri doc, era Giuseppe  Bonfazzi ma si faceva chiamare Bonfy, per avere un nome simpatico come lui.
Un giorno aveva nevicato e quando uscimmo da scuola la neve si stava disfacendo, perciò il terreno era un miscuglio di fango e neve, Bonfy aveva una berretta bianca enorme come in una pubblicità del periodo e un giaccone bianco.
Arrivarono da dietro dei tipacci dal coltello facile, che avevano tagliato le gomme delle auto ad alcuni insegnanti poiché stavano loro antipatici e ce l'avevano con i fighetti; un fighetto molto arrogante dai capelli lunghi che era l'idolo delle ragazzine sempre vestito con jeans bianchi aderenti e camicette disegnate viola o altri colori particolari un giorno che lo hanno incontrato sul treno lo hanno bloccato, gli hanno tirato giù sia i pantaloni che le mutande e  gli hanno tagliuzzato le chiappe con una lametta da barba,  così tornò a casa col culo sanguinante e i calzoni bianchi a chiazze rosse.
Bonfy appena li vide cominciò a fare il ruffiano per fraternizzare con loro: "Hey ragazzi, avete visto che giacca a vento ridicola che ha lui", indicando proprio me, che avevo una giacca a vento da pochi soldi blu elettrico con delle strisce rosse sulle maniche:
"Ma guardati tu, idiota" risposi io.
Prima che mi rispondesse arrivò a Bonfy da uno dei tipacci, mio amico, uno schiaffone sulla berretta che gliela gettò in una pozzangherona enorme, si chinò per raccoglierla ma un altro tipaccio diede un calcio favoloso alla berretta gettandola in alto con un volo incantevole che finì sul ramo basso di un enorme salice piangente costeggiante la strada, pieno di neve in disfacimento.
Bonfy si fermò ma non ci arrivava alla berretta per riprendersela, allora per arrivarci tirò con forza verso di sé il ramo, facendo così crollare un'enorme valanga di tutta la neve in disfacimento attaccata ai rami dell'albero. Lo bagnò completamente, fradicio, tra le risate generali.
Si mise la sua berretta in testa, da bianca aveva assunto un colore marron, sembrava ci si fossero puliti il culo, quindi tutto bagnato si avviò ad aspettare la corriera, cercando di fare l'indifferente.
Dal giorno dopo sparì, non si vide per diversi giorni, dissero che a stare alla fermata della corriera bagnato gli era venuta la febbre.
L'anno seguente al primo giorno di scuola io ero stravolto da alcolismo e pasticche, arrivai e c'era il rituale discorso agli studenti della preside, con tutti sul piazzale ad ascoltare.
Davanti a me trovai proprio l'odioso Bonfy di spalle, con una maglia sgolata che lasciava scoperta la sua grossa nuca, era la fine del mondo, non riuscivo a resistere, cercai di farlo, ma la tentazione era troppo forte, mi attraeva troppo, pensando a tutte le battute e i soprusi suoi mi partì incontrollata con tutta la forza possibile la mano, a una velocità supersonica, causò un'esplosione sulla sua nuca.
Uno schiaffone fragoroso, lasciò un'impronta rossa della mano, come una marchiatura a fuoco.
Si voltarono tutti, persino la preside interruppe un attimo il discorso, poi riprese.
Bonfy con la faccia stordita si voltò e mi guardò male, gli chiesi: - Come stai testa di cazzo?
Avevo le braccia e le gambe pronte per una sua reazione, ritornò a guardare in avanti senza dire niente. Finito il discorso andammo nelle aule che ci avevano assegnato e i tipacci erano proprio nell'aula accanto alla nostra, vedendo Bonfy gli dissero felici: - Ci divertiamo quest'anno!
Lui con una faccia da funerale e la nuca rossa se ne stette zitto.
Il giorno dopo fece domanda e si trasferì nella sezione staccata.
Nessuno lo rimpianse.