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domenica 9 giugno 2019

693 - CONTROTEMPO

Mi faccio schifo.
Sono distratto, disadattato, disoccupato, disfatto, dislocato, disperato, disamorato.
Ogni dopodomani può essere il mio capolinea, ma anche le migliori illusorie speranze sono illuminate dal sole al tramonto.
Mi sento un vecchio cumulo d'immondizie, gettato fuori dal cassonetto.
Da bambino ero bello e intelligente, avevo il mondo in mano, però ora allo specchio vedo un vecchio fallito dalle tasche vuote, che fa vomitare se stesso, ma invece di piangere ride. Sì, rido in faccia al diocane, alle disgrazie, all'universo che gira contro, alle conquiste crollate e ai fascismi risorti.
Lavoratori violentati, indebitati per sembrare benestanti, mi guardano ogni giorno con disprezzo così mi fanno ancora più ridere, mi piego dal ridere, fino alle lacrime.
Sono i miei tristi pagliacci preferiti.
Mentre io sono il loro zimbello preferito, possono sentirsi superiori a qualcuno, additarmi come quello che non ce l'ha fatta a farsi una posizione sociale, una famiglia, un'auto nuova e una casa con il prato verde perfettamente rasato.
Sopravvivo agonizzante, con un cane sordocieco e un gatto orbo, due metri sotto il livello del mare, nel buco del culo della provincia al cubo.
Scrivo messaggi dai miei abissi, qualcuno li recepisce e questo mi fa sentire meglio, come una bacchetta magica tutto trasforma. Mi piaccio, mi amo, sto bene e oggi vivo.
Del domani non so, ma per oggi me ne sbatto il cazzo.
Amen.