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martedì 9 settembre 2014

369 - il sindaco (racconto)

Avevano trovato streptococchi fecali nell'acqua del lago.
La notizia riportata dai giornali era lì, sotto gli occhi del sindaco Aldo Paiasso, mentre tutti coloro che lo avevano fatto salire alla poltrona si alternavano al telefono o presentandosi di persona per spingerlo a dimostrare che non era vero.
Lui continuava a rifiutarsi ma sapeva benissimo che avrebbe dovuto farlo, altrimenti sarebbe crollato il turismo e avrebbe avuto la carriera rovinata, per continuare la sua brillante carriera doveva bere un bicchiere d'acqua (e merda).
Alla fine si decise, la sua segretaria comunicò ai giornalisti che alle 18 al molo del traghetto sarebbe stato allestito un palco, su cui il sindaco per dimostrare che era solo un complotto e l'acqua era pulitissima avrebbe bevuto un bicchiere d'acqua del lago.
Alle 18 il palco era pronto e i giornalisti erano già tutti lì, con le telecamere delle televisioni locali puntate verso il palco.
Alle 18.03 arrivò il sindaco Paiasso, salì sul palco con un bicchiere di vetro trasparente vuoto in mano, lo diede a un assistente che scese dal palco, andò sul bordo del molo, scese gli scalini, si chinò e riempì il bicchiere d'acqua del lago, tornò correndo con le chiappe strette verso il palco e da sotto porse il bicchiere al sindaco, questi lo prese, lo alzò verso il cielo per far vedere la purezza dell'acqua del lago, poi lo riabbassò appoggiandolo un attimo dove aveva i fogli del discorso da fare e nascosto dal bordo del leggio prese e sollevò l'altro bicchiere identico pieno d'acqua minerale, che aveva fatto posizionare lì mentre montavano il palco.
Disse: "È solo un complotto delle altre località turistiche ora la bevo, guardate, è pulitissima".
Bevve l'acqua ma i giornalisti televisivi dissero che non si era visto sempre il bicchiere inquadrato, poteva destare sospetti, anche gli altri cominciarono a lamentarsi, allora il sindaco infuriato per il trucco non riuscito scese in fretta dal palco e col bicchiere vuoto in mano andò lui stesso al lago seguito dai giornalisti e dalle telecamere, scese, si chinò e riempì il bicchiere, salì e sul molo davanti a tutti portò il bicchiere alla bocca e bevve un piccolo sorso.
"Ecco, avete visto bene ora che l'ho bevuta."
I giornalisti iniziarono a dire che era solo un sorso, doveva bere tutto il bicchiere.
"Non ho sete, ho già bevuto l'altro bicchiere d'acqua".Si giustificò il sindaco, ma i giornalisti dicevano che così non andava bene, doveva berla tutta, anche la gente che era venuta a vedere cominciò a lamentarsi e a dirlo ad alta voce, il sindaco prese il bicchiere e lo scolò, tenendo l'acqua in bocca fece un ampio gesto per far vedere che il bicchiere era vuoto, però un giornalista cominciò a dire che ce l'aveva ancora in bocca, costretto dagli eventi deglutì, aprendo la bocca disse:
"Ecco dimostrato che non è vero che l'avevo trattenuta in bocca l'acqua, avete visto tutti che l'ho bevuta."
Applausi e congratulazioni dei suoi cittadini lo sommersero. Sarebbe sicuramente stato rieletto.
Salì sul palco e fece il suo breve ma deciso discorso contro tutti quelli che volevano sabotare il turismo, perché invidiosi della bellezza della località che si onorava di rappresentare.
Tornò a casa e per prima cosa si fece un risciacquo col collutorio, poi si fece preparare dalla moglie Annalisa Mentecattelli del latte tiepido da bere, perché il latte disintossica aveva sentito dire.
Ma il latte col gusto del collutorio faceva schifo e cominciò a sentire uno strano movimento intestinale.
Si mise a letto con la brocca piena di latte sul comodino, ne bevve due bicchieri e si addormentò.
Sentì degli scossoni e delle urla, aprì assonnato gli occhi guardando la sveglia luminescente, erano le 3.25 e sua moglie urlava disperata, dal naso percepiva una gran puzza, si ridestò completamente e sentì chiaramente che si era cagato addosso di brutto mentre dormiva, un lago di merda liquida fuoriuscita persino nel letto e dei dolori di pancia tremendi lo riportarono alla realtà, sentiva anche freddo, probabilmente era febbre.
Andò in bagno traballante chiedendo alla moglie di chiamare il medico, ma di fare in modo non lo sapesse nessuno che stava male.
La moglie andò a svegliare la domestica, che andasse subito ad aiutare il signor sindaco a ricomporsi e vestirsi bene, doveva sembrare il più elegante possibile.
La domestica dell'est, Tatiana Sveltrovika, bestemmiando nella sua lingua, con i postumi della serata in birreria con le amiche andò assonnata nella camera del sindaco, lo trovò nel bagno attiguo con la porta aperta, stava lavandosi con il getto della doccia, ma c'era una puzza da merda tremenda, le veniva da vomitare, prese una boccetta di profumo che c'era sul comò, ne buttò in abbondanza su un fazzoletto e se lo legò attorno al viso, come un cowboy,  che le riparasse il naso da quella puzza nauseante. Prese un asciugamano grande e lo diede al sindaco che si asciugasse, nel mentre prese i vestiti più eleganti che trovò e lo aiutò a rivestirsi.
Arrivò di corsa Roberto Caldelli, dottore amico di famiglia, trovò il sindaco Paiasso coricato sul letto in frac, camicia bianca con papillon e scarpe di vernice, mentre nell'aria si sentiva la fragranza di un costoso profumo francese con una forte componente di merda calda.
Non c'era tempo da perdere, dovevano portare il sindaco a curare nella clinica privata del professor Corozza loro conoscente, un ambiente protetto lontano da occhi indiscreti.
Lo portarono giù e il dottore se lo fece mettere nel baule della sua Mercedes, così non lo vedeva nessuno, avrebbero fatto presto ad arrivare alla clinica; partì sgommando sul ghiaino della villa.
*****
Uscì in strada e si immise sulla provinciale in direzione della clinica, il dottore alla guida da solo non destava sospetti, ogni tanto parlava a voce alta al sindaco nel baule, per tranquillizzarlo.
All'improvviso tre pedoni ubriachi attraversarono la provinciale, il dottore premette con forza sul pedale dei freni, la sua macchina nuova si fermò in breve spazio, il sindaco iniziò a lamentarsi dalla botta che si era preso con la frenata mentre alterato dallo spavento il dottore cominciò a inveire contro gli ubriachi: "Brutti imbecilli, ubriaconi senza cervello, volete farvi investire? Vi sembra la maniera di attraversare la strada? Maledetti idioti!"
Un calcio alla portiera dell'auto fu la risposta.
Il dottore cercò di chiudere la sicura della porta, ma non fece in tempo, lo tirarono fuori di peso e cominciarono a colpirlo di schiaffi. Il dottore si ricordò che da adolescente era stato cintura gialla di karate, cercò di reagire, facendo qualche mossa che si ricordava: tirò un calcio ad altezza del volto di quello più robusto provocandosi uno strappo al cavallo dei pantaloni, il pedone robusto gli prese il piede alzandolo ancora di più e facendo cadere rovinosamente sull'asfalto il dottore, dove lo riempì, insieme agli altri, di calci.
Il dottore rimase steso, tramortito.
Lo sollevarono e lo misero giù dal ciglio della strada, lo spogliarono di ogni oggetto interessante, vestiti compresi, restò in boxer e canottiera tra l'erba, mentre dolorante riapriva gli occhi, vide i tre energumeni che si allontanavano con la sua macchina nuova e con il sindaco nel baule.
I tre si accesero lo stereo e ridevano contenti, avevano fatto il colpo che li sistemava per un po', uno di loro sul sedile posteriore dopo aver guardato commosso il Rolex subacqueo in acciaio e oro sfilato al dottore si mise a pregare per ringraziare il suo dio di quel dono inaspettato; un altro sul sedile davanti finiva di scolare la bottiglia di vodka, interrompendo spesso i sorsi per ridere tutta la sua felicità. Quello alla guida, il più massiccio e arcigno, stava serio concentrando nella guida il suo cervello a bagnomaria nell'alcol. La musica era piacevole, ma c'erano delle grida stridule nelle canzoni che stonavano, quello sul sedile anteriore gettò dal finestrino la bottiglia di vodka vuota e cambiò stazione, niente, ancora quelle grida stridule fuori tempo, si girò e sentì chiaramente che provenivano dal baule, abbassò la musica, sentirono distintamente delle strane parole urlate che loro stranieri capivano poco:
"Fermati subito che mi sono cagato ancora addosso."
Scesero dall'auto in moto e aprirono il baule, una folata di merda li spinse ad arretrare, un uomo brizzolato di mezza età vestito come in un film di Fred Astaire si mise ad urlare ancor di più.
Chiusero il baule e iniziarono a discutere cosa fare.
Dopo un'animata discussione condita da  spintoni risalirono in macchina e ripartirono velocemente.
Un paio di chilometri più avanti la macchina girò bruscamente imboccando una polverosa strada sterrata per fermarsi dietro a un cimitero, scese il robusto guidatore, aprì il baule, prese per il colletto della giacca quel nauseante e puzzolente Fred Astaire merdoso e lo gettò di peso in un fosso pieno di immondizie che fungeva da discarica abusiva,.
Senza dire una parola chiuse il baule, risalì in macchina e velocemente sparirono.
Il sindaco si lamentò forte ma capì che dietro al cimitero non poteva sentirlo nessuno, provò ad alzarsi barcollando, gli girava la testa, gli sembrava di svenire, cadde a carponi, riuscì faticosamente a raggiungere un varco nel muro che circondava il cimitero, era chiuso da una rete plasticata con un cartello di lavori in corso, riuscì a allargare la fessura nel bordo che aveva visto ed entrò nel cimitero in cerca di un rubinetto per bere un po' d'acqua,. Cadendo e rialzandosi riuscì a trovarne finalmente uno e bevve ampie sorsate di acqua fresca che lo fecero sentire un po' meglio, si tolse le scarpe, i pantaloni e le mutande e cominciò a lavarsi via la merda, strofinandosi tipo spugna il culo nudo con dei fiori appassiti che aveva trovato nel cestino dei rifiuti, dopo un po' si sedette stravolto, le forze stavano lasciandolo. Si alzò cercando con gli occhi tra le luci dei lumini un posto in cui distendersi e si avvio scordandosi lì scarpe, calzoni e mutande.
Stanchissimo camminò lungo il sentiero per raggiungere un posto comodo per dormire, ma all'improvviso precipitò dentro una fossa in fase di scavo.
Sulla terra fresca di scavo si addormentò subito.
Al mattino un'anziana obesa, Immacolata Espositi vedova Bonomello, stava mettendo dei fiori sulla tomba di suo marito, Aristide geometra Bonomello.
Il sindaco si svegliò dentro la fossa, alzò la testa e vide la donna, urlò con tutte le sue forze : "AIUTOOOO!"
La vedova Bonomello fece un salto all'indietro spaventata a morte, afferrò la croce di ferro battuto che sovrastava la tomba del marito e tenendola sollevata con entrambe le mani si avvicinò impaurita alla fossa, dal bordo vide quell'uomo vestito in frac che tentava di alzarsi dalla fossa, sembrava uscito da un altro tempo, un morto che usciva dalla tomba, la vedova di sentì male, lasciò cadere a terra la croce e svenne, cadendo anche lei nella fossa, addosso al sindaco, in senso opposto.
Il sindaco semistordito dal peso della vedova Bonomello, cercò di togliersi quel peso enorme, tentando di divincolarsi scompostamente abbassò completamente la sottana della vedova e notò con orrore che non portava le mutande.
Per accoppiarsi più velocemente nei sui incontri clandestini col becchino la vedova si preparava con cura, se l'era anche appena rasata dandoci del dopobarba per l'uomo che non deve chiedere mai avanzato al suo defunto marito, le piaceva col suo effetto irritante che le trasmetteva un'ulteriore carica erotica, così facendo l'amore col becchino e percependo quell'odore le sembrava di farlo un po' anche col marito.
La vedova riaprì gli occhi e si trovò davanti al naso il cazzo del sindaco in impennata che si era eccitato davanti a quella anziana topa rasata e col dopobarba, non si perse l'occasione e cominciò a succhiarlo, dando con le caviglie dei forti colpi alla testa del sindaco per invitarlo a ricambiare, leccandogliela.
Il sindaco sentendosi eccitato dalla situazione iniziò anche lui a stimolare la vedova di lingua, ma notò presto che più la vedova Bonomello si eccitava e più rilasciava gli sfinteri, emettendo rumorosamente pestilenziale gas intestinale che gli finiva in piena faccia, ma con suo stesso stupore lo eccitava ulteriormente questo scorreggiamento.
Passò il becchino che cercava la vedova per il loro incontro mattutino e sentì degli strani rumori che non gli erano nuovi, si avvicinò insospettito alla buca e vide che la vedova scorreggiona era all'opera in un 69 con un uomo in frac senza pantaloni,.
Infuriato il becchino prese il badile che c'era vicino alla buca e cominciò a colpire con furiose badilate la vasta schiena della vedova.
La vedova infuriata si voltò di scatto, con la forza che le aveva fatto essere in gioventù campionessa provinciale di lancio del peso fermò con entrambe le mani il badile e usandolo come una stecca da biliardo riuscì con l'estremità del manico ad assestare un colpo micidiale alla mascella del becchino, che stramazzò al suolo.
Il sindaco Paiasso passata l'eccitazione si stava alzando e stava inveendo contro di lei: "Togliti dalle palle grassona scorreggiona che ho da fare."
La vedova aveva preso il badile in mano dalla parte del manico, sentendo le parole del sindaco si infuriò ulteriormente, fece una giravolta con badilata incorporata e colpì a tutta forza con badile di piatto il setto nasale del sindaco fratturandolo.
Il sindaco svenne dal dolore.
La vedova Bonomello si sistemò i vestiti e si diede un'assestata ai capelli, guardandosi nello specchietto che teneva nella borsetta.
Uscì dalla fossa lasciando lì i due uomini svenuti, si avviò con fare indifferente all'uscita, salì sulla sua vecchia Panda 4x4 verde scuro.
Tornò a casa, arrivata si fece subito una doccia,.
Mentre si vestiva per andare alla riunione mattutina del gruppo parrocchiale, vedendo gli oggetti appartenuti al marito in fila sul comò, le venne un momento di tristezza, pensando alla pochezza degli uomini che c'erano in circolazione mentre l'unico vero uomo, il più affascinante che sia mai esistito, il più maschio che abbia mai conosciuto, non c'era più; "Di geometra Bonomello ce ne è stato uno, tutti gli altri sono dei nessuno" esclamò ad alta voce, se lo ripeteva spesso, a volte lo usava come un mantra per aiutarsi a superare la disperazione per la mancanza dell'amato marito, il suo ricordo cancellava il dolore per l'assenza.
Pensò a lui, le mancava tutto di lui, lo avrebbe voluto vedere ancora, anche solo un'ultima volta prima dell'addio, per poterlo abbracciare con uno sguardo che lo accompagnasse per sempre, facendogli sentire eternamente il suo amore anche in quell'ultimo viaggio.
Visualizzò nella mente com'era bello Aristide Bonomello, ordinato e impeccabile, con i suoi vestiti completi color sacco, camicia blu con l'ultimo bottone sbottonato, pochette blu che spuntava dal taschino della giacca, scarpe e cintura di color nero, Marlboro con pacchetto morbido nella tasca interna della giacca insieme all'accendino Cartier placcato oro, la scatolina in metallo delle mentine insieme al pettine nella sua custodia nell'altra tasca interna. Sempre abbronzato poiché gli piaceva andare a pescare; odorante di virile dopobarba acquistato a buon prezzo dal tabaccaio di fiducia; molto muscoloso in quanto faceva ginnastica in mutande ogni mattina appena alzato sul cavallo con maniglie che teneva in camera da letto e appena finiva la ginnastica andava di corsa con le chiappe strette a defecare, regolare come il cronografo svizzero subacqueo in oro 18k che portava al polso sinistro; 163 centimetri con le scarpe in altezza, una dentatura perfetta, gli occhiali dalle lenti spesse attraverso le quali i suoi magnetici e affascinanti occhi marroni sembrava di vederli attraverso il fondo di una bottiglia gli donavano ulteriore carisma con un alone di mistero evanescente, la montatura nera faceva pendant con i suoi stupendi capelli, lisci e neri come la notte più profonda, sempre pettinati con la riga a destra, fissati con la brillantina profumata alla lavanda, quella riga dritta che lasciava scoperto il cuoio capelluto, sempre perfetta come quelle che tracciava sui suoi progetti, una riga di pelle beige che tagliava dritta il nero, una riga che nemmeno lei poteva toccargli, l'unica volta che dopo aver fatto l'amore per scherzo l'aveva toccata spettinandolo le arrivò una gomitata sul plesso solare che dovette ricorrere alle cure ospedaliere dicendo che era caduta dalle scale, era una riga intangibile, indistruttibile. Anche nell'ultima immagine che aveva di lui, dopo che era caduto dal tetto di un palazzo di tre piani, dando di testa al marciapiede si spaccò il cranio e morì sul colpo, ma la sua riga non si scompose, era perfetta anche in quell'occasione, come sempre.
"Che uomo!" esclamò ad alta voce.

(continua)

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