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giovedì 30 aprile 2015

449 - IL CAPPOTTO PSICHEDELICO

Ricordo nell'inverno 1976/1977, avevo 14 anni e un lungo cappotto che sembrava la coperta del cavallo, era sia a quadri che spinato, marrone terra di Siena e grigio la parte spinata, con enormi quadri accennati rossi e gialli, come non bastasse aveva ogni tanto degli strani crini biancastri che spuntavano tra i quadri, deve essere stato sotto effetto di un'overdose di Lsd quello che l'ha disegnato; l'aveva preso in svendita mio padre perché costava poco, inoltre mi aveva passato una sua berretta di panno marrone da anziano pensionato che gli era stretta.
Mi vergognavo un po' a salire in corriera per andare alle superiori conciato così, ma l'alternativa era mettermi un giubbotto primaverile in jeans leggero con cui tremavo dal freddo, per cui mi me lo facevo piacere quel look.
Già dalla fermata dell'autobus mi guardavano sia le ragazze che i ragazzi come se fossi una gigantesca merda di cane, nessuno mi rivolgeva la parola, quei pochi che conoscevo fingevano di non vedermi o mi salutavano sbrigativamente con un visibile imbarazzo.
Loro erano tutti vestiti con un loden, ragazze e ragazzi, era o verde o grigio o blu, e tutti avevano un paio di jeans Fiorucci con una moneta cucita su una tasca. Su circa 40 persone ce n'erano solo tre oltre a me che non erano vestite così, e quelli avevano un eskimo e dei calzoni qualsiasi come me, erano i comunisti ed erano gli unici che ogni tanto mi rivolgevano la parola.
Vicino a me non si sedeva mai nessuno, allora mi mettevo accanto al finestrino mezzo appannato e per mezz'ora fantasticavo di correre con una moto scrambler per gli infiniti campi di terra desertici che vedevo, in sottofondo andavano a ripetizione le canzoni di Lucio Battisti di cui l'autista aveva tutti i nastri in stereo 8.
Al ritorno stesso copione, tutti i giorni tranne la domenica, un'ora in totale al giorno di scorrazzamento in moto per campagne desertiche con una ragazza immaginaria avvinghiata a me sulla moto immaginaria e con la musica di Lucio Battisti come colonna sonora.
Ogni tanto cambiavo moto, la ragazza invece era quasi sempre identica alla bionda Stevie Nicks dei Fleetwood Mack, con la stessa identica voce mi diceva ogni volta "Fammi guidare un po' a me", ci scambiavamo posto in moto senza fermarci e da dietro cominciavo a baciarla, palparla e spogliarla finendo per far sesso nudi mentre correvamo in moto per gli infiniti campi, lei guidava e io la prendevo da dietro.
Smontavo dalla corriera col pacco in tiro e felice tra decine di facce tristi e scure, col mio fantasmagorico cappotto che mi piaceva ogni giorno di più.
Un giorno una ragazza più vecchia di me che era all'ultimo anno mi chiese: "Ma tu come fai a essere sempre così tranquillo e beato, fregandotene di tutto?"
Non potevo raccontarle delle corse in moto e di Stevie Nicks, con Battisti che ci cantava le canzoni.
Allora per non fare brutte figure le dissi: "Perché mi drogo!"

Stevie Nicks

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